Ostellato
2 Luglio 2022

Morì precipando dal tetto della Bompani, opposizione contro la seconda archiviazione

di Daniele Oppo | 3 min

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Sono passati cinque anni da quella tragica morte. Anni che i familiari di Roberto Chiappara, l’operaio di 36 anni deceduto a seguito di una caduta mentre lavorava alla Fox Bompani di Ostellato, hanno passato alla ricerca della giustizia.

Due i piccoli, grandi passi che sono stati fatti finora, anche se con tante difficoltà. Ottenere la riapertura dell’indagine per accertare le responsabilità della sua morte dopo una prima richiesta di archiviazione e, ora, la possibilità di discutere davanti al giudice delle indagini preliminari l’opposizione a una seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Ferrara.

Chiappara, da poco assunto dalla Ser srl di Verona, subappaltatrice dei lavori, morì l’11 settembre 2017 precipitando dalla copertura della Fox Bompani, dove stava rimuovendo l’amianto dal tetto del capannone dell’azienda. A seguito dell’opposizione proposta dall’avvocato Claudio Maruzzi, il gip Danilo Russo ordinò un approfondimento di indagine alla procura, ad esito della quale il pm ha chiesto nuovamente l’archiviazione. I familiari del ragazzo deceduto, sempre tramite l’avvocato Maruzzi, hanno proposto nuovamente opposizione, contestando punto per punto la tesi della procura che ribadiva in sostanza la esclusiva responsabilità del ragazzo nell’occorso. Il Gip, ritenendo ammissibile l’opposizione, ha convocato le parti per l’udienza del 27 ottobre per decidere se ordinare il processo o chiudere la vicenda.

“Il ragazzo – osserva l’avvocato Maruzzi -, che svolgeva attività di pescatore, giunto da pochi giorni al nord con il miraggio di sbarcare il lunario, era totalmente impreparato a svolgere i lavori di rimozione di amianto, peraltro in quota e mai era stato istruito per tali mansioni, che richiedono specifico addestramento e idonea formazione. La tragedia ha lasciato nella disperazione i familiari, tutti residenti a Palermo: la compagna, quattro figli minorenni, la anziana madre e cinque fratelli, che vivono la tragedia che così duramente li ha colpiti, anche con un senso di smarrimento di fronte all’ipotesi di chiusura della vicenda, che sentono profondamente ingiusta. Confidano che il nostro grande sforzo fino ad oggi profuso consenta di approdare al processo, nel quale ci si potrà confrontare nel pieno contraddittorio per verificare se sia plausibile che non vi siano responsabili della morte del congiunto, mandato letteralmente allo sbaraglio a svolgere un’attività all’evidenza oggettivamente pericolosa”.

“I familiari del ragazzo – afferma infine Maruzzi insieme agli avvocati Barbara Dicuzzo di Monza e Lea Palisi di Palermo – per nella tragica consapevolezza che nessuno potrà far loro riabbracciare il loro caro, coltiveranno ogni possibile iniziativa per ottenere giustizia, convinti che ‘silenziare’ processualmente un fatto così drammatico sia un pessimo segnale nella battaglia della sicurezza del lavoro, ove gli incidenti, spesso anche mortali, non accennano a diminuire, come dimostrano anche i fatti di cronaca recenti, accaduti anche a Ferrara”.

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