Cronaca
28 Giugno 2022
La moglie di Angelo Morina chiede i danni alla società forte di una consulenza tecnica e del ‘supporto’ indiretto dell'Inail: “Sinistri dovuti a omissioni colpose e gravi della società”

Morì in A13, la famiglia: “Autostrade doveva chiudere il tratto, ora risarcisca”

di Daniele Oppo | 3 min

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Era inverno, era il 19 gennaio 2021, ma quel giorno l’A13 fu inferno: 10 sinistri, 27 mezzi coinvolti, 13 feriti gravi, due persone decedute. Una di queste era Angelo Morina, 44 anni, che stava viaggiando per lavoro – trasportava medicinali a bordo di un furgone Citroen Jumper – e tamponò un autoarticolato: morì sul colpo.

Ora per la sua morte, la moglie Ketty Verderame e il figlio convivente con la coppia, tramite l’avvocato Antonio Frascerra del Foro di Ferrara, chiedono che Autostrade per l’Italia sia condannata a pagare un risarcimento in sede civile, perché tutti quegli incidenti, compreso quello che costò la vita Morina, erano evitabili.

A supporto c’è anche la consulenza tecnica di parte redatta dall’ingegner Enrico Moro di Rovigo, che evidenzia come quella mattina le condizioni di pericolo fossero tali da comportare il dovere della società di chiudere l’autostrada, come fatto molte ore dopo nelle stesse condizioni climatiche e di rischio: “Autostrade – spiega Frascerra – ha chiuso il tratto autostradale dalle 16,30 di quel 19 gennaio fino alle 7 del mattino del giorno dopo”.

“A parere del consulente – prosegue l’avvocato – tutti questi sinistri sono accaduti non per disattenzione o per il mancato rispetto del codice della strada, bensì per omissioni colpose e gravi da parte di Autostrade”.

È lo stesso ingegnere, che ha visionato tutti i documenti disponibili, dalle relazioni della Stradale ai dati di Arpae, fino alla documentazione della società Autostrade, a confermarlo: “Le condizioni climatiche erano inalterate dall’una del 19 gennaio fino alle 24 dello stesso giorno: gelicidio, nebbia, temperature a -2,5°C, visibilità. Ebbene, perché Autostrade ha chiuso solo alle 16,30?”.

Che le condizioni non fossero ottimali era cosa nota alla società, secondo la difesa della famiglia Morina: “L’attività spargisale è stata effettuata alle 9,30 del 19 gennaio. Ma a quell’ora si era già formato il gelicidio e il sale ha avuto un effetto ridotto”. Per opinione dell’avvocato e del consulente, la salatura doveva essere effettuata molto prima, “già all’una quando c’era già la nebbia e la formazione del ghiaccio”. Ancora peggio, dal loro punto di vista, è che poi l’A13 venne riaperta solo alle 7 del mattino successivo, nonostante una nuova salatura della strada.

La condizione climatica è importante: “O c’è stata una disattenzione totale di tutti, o le condizioni climatiche hanno creato un ghiaccio liscio che ha annullato gli spazi di frenata”. Infatti, almeno nel caso di Morina, è certo che non vi siano state tracce. C’è anche un altro fattore, e lo riporta Frascerra: “I cartelli di messaggistica variabile, quando Morina è entrato in A13, segnalavano solo il primo sinistro, al km 26, a quasi 4 km di distanza da dove poi si è verificato il suo, al km 29+900”.

Non c’è solo questo. Una ‘stampella’ bella solida arriva dall’Inail. L’istituto ha infatti riconosciuto una rendita di oltre 452mila euro alla moglie della vittima in quanto deceduto mentre lavorava, ma ha deciso di rivalersi proprio su Autostrade per l’Italia, considerandola responsabile di quel che è avvenuto.

La società, dopo un tentativo di conciliazione andato a male, è ora convenuta davanti al giudice civile di Ferrara, dovrà comparire in udienza il 10 novembre: “Autostrade non ha fatto tutto il possibile per evitare il danno”, conclude Frascerra.

 

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