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1 Aprile 2022
Una piattaforma nata per intrattenere diventa luogo di condivisione delle testimonianze di guerra, tra racconti coraggiosi e fake news

Tik Tok va alla guerra

di Redazione | 3 min

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Come si racconta una guerra? All’inizio erano lettere dal fronte e testimonianze dei reduci; poi è diventata immagini televisive di reporter coraggiosi; oggi è video di un minuto sui social.

E non su social qualsiasi, ma in particolare su quello più “giovane” di tutto, ovvero Tik Tok, la piattaforma cinese su cui ogni giorno vengono condivisi centinaia di migliaia di contenuti video, per lo più musicali e di intrattenimento.

Curiosamente, proprio questo social, nato inizialmente per adolescenti, si è ritagliato nel tempo il ruolo di “fonte accreditata” di informazione e questo molto prima che il conflitto scoppiasse.

Basti pensare che all’inizio della crisi ucraina, il movimento di forze armate russe lungo il confine venivo confermate non solo da rilevazioni satellitari, ma anche dai video condivisi dagli utenti su Tik Tok e addirittura ripresi anche dai media ucraini.

Addirittura, Konrad Muzyka, direttore del Rochan Consulting nonchè esperto analista di strategie militari russe, ucraine e bielorusse, ha sottolineato come Tik Tok (oltre ad altri social) sia diventato una delle principali piattaforme per diffondere video militari con un certo anticipo rispetto ai canali ufficiali.

Non è un caso che gli stessi americani, nei vari rapporti redatti sul tema abbiano indicato come fonti sempre più attendibili molteplici profili di Tik Tok.

Quando il conflitto è entrato nel vivo, Tik Tok è diventato poi lo strumento preferito da molti civili per raccontare la quotidianità stravolta dalla guerra.

È il caso di Valerish, una giovane fotografa di Chernihiv, che allo scoppio della guerra è passata dalla macchina fotografica alla fotocamera del proprio smartphone, mostrando la sua vita sotto attacco.

Ne è venuto fuori un racconto personale e immediato, fatto di spezzoni che la ritraggono camminare per quartieri bombardati, vivere con i genitori dentro il bunker, organizzare le proprie giornate al ritmo delle sirene.

È curioso come la ragazza impieghi nei suoi contenuti una certa dose di ironia, che stride dolorosamente con il contesto in cui si trova, come se la grammatica social, fatta spesso di umorismo, non fosse rinunciabile neppure in questo momento.

L’effetto è quello di un doloroso straniamento, dovuto al cortocircuito che si innesca tra una guerra che sembra uscire direttamente dal secolo scorso e il linguaggio (sia umano che tecnologico) con cui la si racconta.

Non si può negare che queste sono e saranno immagini preziose, soprattutto per coloro che un domani dovranno ricostruire più precisamente gli aspetti e le fasi di questo conflitto.

Tuttavia, resta sempre il problema dell’attendibilità.

Si sono moltiplicati, infatti, i casi di account fake, con pochi follower, che diffondo notizie false, ad esempio mostrando immagini di guerra riprese in realtà da un videogioco o recuperando audio relativi ad altri conflitti e attribuendoli a scontri in corso in Ucraina.

A questo si aggiunga che, per quanto prezioso, il racconto di un utente è pur sempre limitato: un piccolo angolo di osservazione che ovviamente coglie solo un frammento dell’intera vicenda.

Ma è la visione d’insieme che restituisce la vera complessità di ogni evento storico come questo.

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