Una doccia gelata per l’Amministrazione Fabbri, non la prima: la Corte d’appello di Bologna ha rigettato la richiesta presentata dal Comune di sospendere l’ordinanza del tribunale di Ferrara che impone di modificare il regolamento per l’accesso alle case popolari, ritenuto discriminatorio così come ideato dalla giunta leghista.
Di più: la Corte ha rinviato al 26 marzo 2024 per la prosecuzione della causa e dunque, almeno fino ad allora, è pienamente esecutiva la decisione del giudice estense Maria Marta Cristoni che nel luglio del 2021 ha condannato il Municipio a formulare “nuovi criteri e punteggi” e “adottare procedure più idonee” per l’assegnazione delle case popolari.
E la prognosi non sembra essere favorevole al Comune, se per i giudici bolognesi “la delibazione dei motivi di gravame non consente di ravvisare la riformabilità della sentenza impugnata in termini di manifesta erroneità della stessa”. In altri termini, a un primo sguardo, la Corte d’appello non vede nella sentenza (in realtà è un’ordinanza, ndr) di primo grado eventuali errori così palesi da doverne sospendere l’esecuzione in previsione di un suo annullamento.
È una vittoria invece per l’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) che aveva proposto il ricorso in favore di due cittadine che, dopo aver presentato domanda, si erano viste collocare (a causa della loro modesta anzianità di residenza a Ferrara) in una posizione molto bassa in graduatoria, anche se si trovano in condizione di estremo bisogno. Quel che si chiedeva era di rivedere il caposaldo del regolamento voluto dalla Giunta leghista, quello “residenzialità storica”, nonché i modi di documentare il requisito della “impossidenza alloggi nel paese di provenienza”.
Il tribunale estense, anche sulla scorta di recenti sentenze della Corte Costituzionale, aveva dato ragione alle ricorrenti, dichiarando irragionevoli e discriminatorie le disposizioni contestate, e condannando il Comune a cessare la condotta discriminatoria, annullando o modificando gli atti, oltre al pagamento delle spese legali. Il sindaco, per tutta risposta, si era vendicato attaccando il giudice e pubblicando i nomi delle ricorrenti su Facebook.
“La prima valutazione della corte conferma il fondamento di quanto ha stabilito il primo giudice – osserva l’avvocato Alberto Guariso di Asgi -, e ora il Comune deve adeguarsi e riformulare le graduatoria secondo i criteri che il giudice aveva indicato: non sarebbe ammissibile bloccare per due/tre anni l’assegnazione delle case popolari per disubbidire a un ordine del giudice”.
Quell’ordine prevedeva anche di risarcire i “ricorrenti di euro 286 per esborsi e di 8.030 euro per compenso professionale oltre alle spese forfettarie ed accessori di legge” e di 2.500 euro complessivi “in favore del terzo intervenuto delle spese di lite”.
(articolo aggiornato il 21 gennaio 2022 precisando che quella del giudice di primo grado è un’ordinanza e non una sentenza)
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