Attualità
21 Giugno 2021
Incontro internazionale per l'ateneo estense, organizzato dal dipartimento di Giurisprudenza, su gestione dei media e contrasto alla radicalizzazione islamista

Da Unife le proposte per contrastare la jihadosfera

di Redazione | 3 min

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Esperti e accademici in collegamento da tutta Europa e dal mondo arabo hanno animato ieri, giovedì 17 giugno, il workshop “Radicalizzazione e sistema informativo. Media e Social Network nei processi di radicalizzazione”, organizzato dal dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara nell’ambito del progetto PriMED, assieme alla capofila Università del Piemonte Orientale.

L’evento ha rappresentato un’occasione unica per unire studiosi e soggetti in prima linea nella gestione dei media e nel contrasto della radicalizzazione di matrice islamista, che hanno discusso i modi in cui i canali di comunicazione concorrono ad alimentarla e le possibili contromisure.

La giornata si è aperta con l’introduzione da parte del magnifico rettore dell’Università di Ferrara Giorgio Zauli e del suo omologo dell’Università del Piemonte Orientale Gian Carlo Avanzi, del direttore del dipartimento di Giurisprudenza Daniele Negri, e di Enrica Martinelli e Roberto Mazzola, rispettivamente referente e responsabile scientifico del Progetto PriMED, nonché di Paolo Naso, docente di Scienza politica alla Sapienza di Roma e coordinatore del consiglio per le relazioni con l’islam italiano istituito presso il ministero dell’Interno.

I lavori sono poi stati suddivisi in due parti. La prima è stata coordinata da Milena Santerini, ordinaria di pedagogia all’Università Cattolica dì Milano, direttrice del Centro di ricerca sulle relazioni interculturali, nonché coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la presidenza del consiglio ed è stata dedicata all’illustrazione del panorama mediatico e dei suoi effetti sulla libertà di espressione, sulla discriminazione e la rappresentazione dell’Islam attraverso i media, sulle fake news e sui discorsi d’odio.

Nella sessione del pomeriggio, giornalisti, gestori delle piattaforme, polizia postale e rappresentanti della società civile sono intervenuti sui temi dell’informazione sul fondamentalismo islamico, sulle tecniche di indagine e di monitoraggio, nonché su come costruire una “contro narrativa” che agisca preventivamente, evitando la radicalizzazione sul nascere.

Come spiegato da Stefano Pasta, dell’Università Cattolica di Milano: “La cosiddetta jihadosfera era già stata un’idea di al-Qaeda: secondo al-Zawahiri il jihad mediatico era già meta della lotta. Ma Dae’sh ne ha fatto il cuore della battaglia e del reclutamento, sfruttando le potenzialità del web 2.0 e uscendo dalla segretezza, affidandosi anzi alle applicazioni telefoniche gratuite e ai social network”.

La dinamica della radicalizzazione, in questo senso ha molto in comune con l’affermarsi di una cultura online sempre più soggettiva, in cui ciascuno costruisce un proprio bricolage religioso-identitario. Nonché con la banalizzazione dei contenuti a cui assistiamo nelle conversazioni online e sull’analfabetismo emotivo, il fenomeno per cui l’interazione mediata dagli schermi attiva meno neuroni specchio nella nostra mente e facilita scelte violente. In generale l’estremismo violento è l’alternativa radicale, senza compromessi, alla sfida, talvolta faticosa, del “vivere insieme”.

Secondo molti dei partecipanti, dunque, oltre che nel contrasto diretto, la soluzione sta innanzitutto in una comunicazione migliore: che sia più inclusiva, più attenta alla diversità e alla narrazione delle diverse culture. E proprio questo lavoro è al centro del progetto PriMED, nell’ambito del quale era organizzato l’evento.

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