4.04 del mattino. La terra trema. Nove anni fa Ferrara e la sua provincia rimasero sconvolte da un terremoto di magnitudo 5.9, che causò danni in città e soprattutto nell’Alto Ferrarese, dove si registrarono anche crolli di capannoni e morti.
Nessuno scorderà mai quel giorno, il 20 maggio del 2012, che suscitò paura, terrore e disperazione, lasciando senza abitazione decine e decine di persone in provincia e in tutti una sensazione di precarietà che si è radicata nel profondo di ciascuno, alimentata dalle scosse, di intensità minore, che si sono susseguite lo stesso giorno e anche nei giorni successivi.
Quel giorno la gente si era riversata tutta nelle strade, spaventata, trasformando Ferrara in una sorta di città di sfollati. Città nella quale sono stati subito evidenti i danni della scossa, durata all’incirca 20 secondi: cornicioni crollati, calcinacci in piazza Savonarola e corso Martiri della Libertà, elementi architettonici piombati a terra dalle cime di diversi palazzi storici e da alcune chiese.
Ma il panorama più desolante era nell’Alto Ferrarese. Si affloscia uno dei capannoni delle Ceramiche Sant’Agostino provocando la morte di due operai, Leonardo Ansaloni, 51 anni, e Nicola Cavicchi, 35 anni, e, sempre a Sant’Agostino, resta gravemente danneggiato il palazzo municipale e perde la vita anche Nerina Balboni, anziana invalida di 103 anni, rimasta uccisa dai calcinacci che le sono precipitati addosso durante il crollo della sua cascina.
A poche centinaia di metri muore un altro operaio nel crollo alla Tecopress di Dosso, Gerardo Cesaro di 59 anni, mentre la stessa sorte tocca anche a Tarik Naouch, il 29enne di origine marocchina colpito da una trave al momento del crollo del capannone dell’Ursa Insulation, a Ponte Rodoni.
Ma i danni del terremoto sono rimasti ben visibili un po’ ovunque, da Mirabello e Buonacompra dove sono crollate le rispettive chiese, a San Carlo con il suolo sollevato dal fenomeno della liquefazione dovuta al sisma, fino a Poggio Renatico che subì il crollo della torre dell’orologio di Castello Lambertini, sede del Comune.
Oggi, a 9 anni di distanza, il cratere è ristretto a pochi comuni e oltre il 90% della ricostruzione è conclusa. Dal 2012 tra Ferrara, Bologna, Reggio Emilia e Modena sono stati concessi contributi per 6,4 miliardi di euro, di cui 5 miliardi già liquidati a cittadini, imprese e altri soggetti. Gli edifici ripristinati sono 8mila, per circa 16 mila e 500 abitazioni rese di nuovo agibili, oltre a 5.700 piccole attività economiche e 3.500 le imprese. Quasi 60 milioni di euro per la rivitalizzazione dei centri storici.
Le scosse del 20 e 29 maggio, che investirono le province di Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia causando 28 morti e 300 feriti, con 45mila sfollati e circa 13 miliardi di euro di danni, resta come noto da completare soprattutto la parte pubblica relativa al patrimonio artistico e culturale, la più difficile e delicata per i vincoli, anche paesaggistici, cui sono sottoposti beni di pregio e valore storico.
Nel Documento strategico regionale 2021-27 approvato dalla Giunta nei giorni scorsi, la Regione conferma l’impegno a mantenere un’attenzione particolare nell’area del sisma, con la scelta di rafforzare la capacità progettuale del sistema territoriale attraverso un utilizzo integrato delle risorse della ricostruzione, dei fondi europei e del Pnrr, il Recovery Plan.
“Il primo pensiero va a chi perse la vita nove anni fa e a tutti coloro che hanno sofferto per una tragedia che colpì così duramente la nostra terra – afferma il presidente della Regione e Commissario delegato alla ricostruzione Stefano Bonaccini-. Abbiamo ricostruito bene e velocemente, se si considera che le scuole, la parte privata e quella economica le abbiamo praticamente completate da tempo. Le persone sono rientrate nelle proprie abitazioni, nei capannoni le attività produttive sono riprese, nelle scuole non è stato perso un giorno di lezione. Siamo orgogliosi del lavoro fatto, insieme ai sindaci e alle istituzioni locali, senza distinzioni politiche, soprattutto per aver messo l’area colpita nelle condizioni di poter agganciare la ripresa e svolgere un’opera preziosa di ricucitura sociale e territoriale”.
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