Cronaca
26 Marzo 2021
Il direttore generale Galvan a processo per aver diffamato davanti al Senato Accademico il prof Pugiotto per il suo operato nella Commissione etica che giudicò il rettore

UniFe. I veleni del ‘caso Zauli’ finiscono in tribunale

di Daniele Oppo | 3 min

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Dichiarazioni pronunciate davanti ai 25 componenti del Senato accademico dell’Università di Ferrara che la procura considera contrarie al vero. Affermazioni, contenute in una relazione in base alla quale sono state prese decisioni importanti, che la parte offesa considera gravemente lesive della sua reputazione.

Giuseppe Galvan, direttore generale e responsabile per la prevenzione della corruzione e la trasparenza di UniFe, è a processo per aver diffamato nella seduta del 4 settembre 2019 del Senato Accademico Andrea Pugiotto, professore di diritto e giustizia costituzionale e al tempo presidente dimissionario della Commissione etica dell’Ateneo.

Giovedì mattina (25 marzo) si è aperto il dibattimento davanti al giudice di pace Roberto Falghera.

È uno strascico della ormai nota vicenda dei lavori scientifici del rettore Giorgio Zauli e, soprattutto, del procedimento da lui stesso attivato davanti alla Commissione etica, dopo la segnalazione pervenuta dal giornalista scientifico Leonid Schneider.

Facciamo dunque un passo indietro per inquadrare la vicenda. Sebbene la Commissione etica avesse deliberato – a fronte di due pareri esterni e di opposte conclusioni – che gli errori contenuti nelle pubblicazioni scientifiche di Zauli non fossero dovuti a dolo o colpa grave del rettore, si creò una frattura interna a UniFe sull’ostensione della motivazione finale della Commissione, negata a questo giornale che ne fece richiesta. Le motivazioni addotte dall’Università per il suo diniego portarono alle dimissioni dello stesso Pugiotto e di altri membri della Commissione Etica.

Dopo questo fatto il direttore generale si premurò (con successo) di far annullare dal Senato tutta la procedura della Commissione relativa agli studi di Zauli. Lo fece presentando una relazione ai senatori nella quale il lavoro di Pugiotto come presidente, ma anche la sua integrità personale, vengono fortemente messe in dubbio, sostenendo che “sono state riscontrate irregolarità e/o violazioni procedurali”, che venne leso il diritto alla difesa di Zauli (che pure pubblicamente affermò che “il procedimento si è regolarmente svolto fino all’epilogo finale”) e che le dimissioni di Pugiotto sarebbero state “in contrasto con tutte le basilari norme di etica e deontologia professionale”.

Il professore, una volta appreso quanto accaduto, nel dicembre successivo querelò Galvan e la procura ne ha chiesto il rinvio a giudizio per quelle “affermazioni rivelatesi contrarie al vero”.

Tra i testimoni che verranno ascoltati dal giudice nelle prossime udienze ci saranno anche il rettore Giorgio Zauli, chiamato dall’avvocato Luca Morassuto che assiste il prof. Pugiotto, costituitosi parte civile nel processo, e il prorettore vicario Enrico Deidda Gagliardo.

La difesa di Galvan (avvocato Andrea Marzola) ha fatto una richiesta piuttosto significativa: rinviare la prossima udienza a una data successiva al 22 ottobre “per non influenzare l’elezione del rettore” che si terrà quest’anno. Richiesta che non ha trovato accoglimento da parte del giudice (si andrà al 22 luglio) e una precedente viva opposizione da parte della procura (la vpo Anna De Rossi) e soprattutto del legale di parte civile: “A processo non c’è UniFe, ma l’ingegner Galvan e non si capisce come possa influenzare l’elezione visto che lui non è candidato e Zauli non risulta candidabile”, ha rilevato l’avvocato Morassuto, secondo cui, in questo caso, “non ci sono nemmeno ragioni di privacy che possano essere opposte a ragioni di giustizia”.

Galvan, tramite il suo legale, aveva anche chiesto di trovare una composizione extragiudiziale e chiudere la faccenda in maniera bonaria evitando il processo, ma il prof Pugiotto ha ritenuto di non poter accettare: “La mia reputazione, che è tutto per uno studioso, è stata oggetto di offese gravi e deliberate – spiega -. La querela per diffamazione è stata una scelta obbligata a tutela della mia identità. Oggi, in via preliminare, dal giudice mi è stato chiesto se intendevo ricomporre in via conciliativa l’accaduto. Ho risposto nell’unico modo per me possibile: la sola compensazione che mi preme è far emergere pubblicamente, attraverso il dibattimento, la falsità e l’infondatezza delle accuse rivoltemi, a rimedio dello sfregio che la mia reputazione ha ingiustamente subito”.

La difesa di Galvan, contattata da Estense.com, non ha rilasciato dichiarazioni.

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