Du iu śpich frares?
9 Marzo 2021

Alfonso Ferraguti e Marrara

di Maurizio Musacchi | 5 min

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Alfonso Ferraguti e Marrara. Un binomio composto da un grande poeta dialettale ferrarese e il suo paese che amava tanto.

Ho omaggiato ancora una volta questo personaggio (lo feci in Estense.com, qualche anno fa), con l’aiuto della sua compaesana, che lo conobbe e frequentò: professoressa Floriana Guidetti. La stessa, ce ne ha proposto una traccia biografica che propongo in calce. Sono due poesie corte e semplici che ricordano tempi andati: la nonna che raccontava favole, quando i nonni vivevano in un’unica famiglia e la “Fiera di Paese”, occasione di grande festa che accumunava paesani e forestieri. Ho aggiunto, nel foto-filmato, immagini antiche di Marrara, alcuni disegni dell’amico, pittore ferrarese, Vito Tumiati e la ormai consueta lettura, dell’attore Roberto Gamberoni.

Alfonso Ferraguti era nato nel 1912 a Marrara dove visse sempre, insieme alla sua numerosa e amata famiglia patriarcale, dove il nonno e la nonna hanno sempre occupato un posto particolare tra i suoi affetti. Dopo aver frequentato il Liceo Classico, si era laureato in Agraria a Bologna, occupandosi poi dei terreni di famiglia. Pur appartenendo ad una famiglia benestante aveva sempre avuto rapporti di amicizia e generosità con tutti i suoi compaesani, ed è ricordato tuttora con simpatia e gratitudine. Ha cominciato a scrivere in dialetto pubblicando nel 1960 la sua prima raccolta “‘Na manèla” rivelando subito quanta poesia si poteva trasmettere con quelle espressioni a volte dure e rustiche ma anche portatrici di dolci e teneri sentimenti. Questa e tutte le successive pubblicazioni sono poi state raccolte in “Falìstar”, dopo la sua morte, avvenuta per un malore improvviso l’antivigilia di Natale del 1980. A lui, insieme a Bruno Pasini suo coetaneo e di analoga formazione culturale, va il merito di aver dato dignità di lingua a quella che era stata sempre relegata a rappresentare soltanto la parlata della gente umile, spesso bruscamente catalogata come quella di vilàη iηgnurànt. L’amore per la sua terra e per la sua gente traspare da ogni sua composizione, solo a titolo di esempio si propone una lirica dedicata alla nonna e una scherzosa per l’evento per il quale è noto il paese di Marrara.

 

La fòla d’mié nòna

Cóntam, nòna, cla fòla, quéla bèla,

quéla dl’uśèl Marùch su na muntagna!

L’am piàś tant, nòna, cóntam quéla!

E lié ciapàndm’ill maη: “Su na filagna”

 

– la taca piaη pianìη – “mié bèla stéla,

na vòlta agh jéra, iη mèź a na campàgna,

là, sóra η’mónt, n’uśèl coη na stanèla!

Tant iη su l’stà ch’aη gh’è pióva ch’al bagna!

 

L’è η’gròs uśèl Marùch coη na graη péna

s’la bèla testa… quand iη vól al s’àlza…”

E chì j’òć i s’am sèra e la mié vcìna

 

iη braz l’am ciàpa e int al litìη l’am ména

e i cavì biónd l’am ślìsa e piaη l’arcàlza,

sóta ai stramàz, la rùvia burazìna.

 

La favola di mia nonna

Raccontami, nonna, quella favola, quella bella, / quella dell’uccello ‘Marucco’ (Marùch era l’epiteto riservato al giovane torello, già vigoroso e possente, ma in genere a tutti gli animali alle soglie della fase adulta) su una montagna! / Mi piace tanto, nonna, raccontami quella! / E lei, prendendomi le mani: “Su un alto palo” / – comincia pian pianino – “mia bella stella (mio bel tesoro), / una volta c’era, in mezzo a una campagna, / là, sopra un monte, un uccella con una gonna! / Sta tanto in su che non c’è pioggia che lo bagni! / E’ un grosso uccello Marucco con una grande piuma / sulla bella testa… quando in volo si alza…” / E qui gli occhi mi si chiudono e la mia vecchietta / in braccio mi prende e mi porta nel lettino / e mi liscia (mi accarezza) i capelli biondi e piano rincalza, / sotto i materassi, la ruvida téla burazina (di canapa) delle lenzuola.

 

Al “Firóη d’Maràra”

 

A gh’è du dì da sptàr pò l’è l’dì d’fiéra,

una fiéra coi fógh, pròpia uη firóη,

uη ad quìi da na vòlta, quand agh jéra

aηcóra al mónd mié nòna e mié nunóη!

 

Al ‘cap in tèsta’, quél ch’gh’à iη pasta ill maη

ad tut al lavuriér, quél ch’mét a pòst

giòstr’e baràch, al s’ciàma ‘Balugàη’…

Quìi chagh guadàgnaj‘è i budgàr e j‘òst!

 

Cuntént l’è l’sgnór Retór che tanta zìra

al pòl ardùśar coη la prucisióη,

cuntént j’è i mié putìη che dménga d’sìra

i vdrà i fógh che i s’iηspècia int al Buśóη…

 

A śguàza anch i śbuciùη che i viéη da d’fóra

a cà da nu par fàr na magnadìna

e chi gh’armét più d’tuti j’è… l’arźdóra,

la pèrdga dill salami e qualch galìna.

 

La grande fiera di Marrara

Ci sono due giorni da aspettare poi è il giorno della fiera, / una fiera coi fuochi artificiali, proprio un ‘fierone’, / uno di quelli di una volta, quando erano / ancora al mondo mia nonna e mio ‘nonnone’! / Il ‘capo in testa’, quello che ha le mani in pasta di tutto quel gran lavoro, quello che mette a posto / giostre e bancarelle, si chiama ‘Balugàη’… / Quelli che ci guadagnano sono bottegai e osti! / Contento è il parroco che tanta cera / potrà raccogliere con la processione, / contenti sono i miei bambini che domenica sera / vedranno i fuochi che si specchiano nella darsena (del Po di Primaro, in piazza a Marrara)… / Si divertono anche i prodighi che vengono da fuori / a casa nostra per fare una mangiatina / e quelli che ci rimettono più di tutti sono… la massaia, / la pertica delle ‘salame’ (da sugo) e qualche gallina.

 

Al cantón fraréś Alfonso Ferraguti: L’amór int un canvàr …

https://www.ferraraitalia.it/al-canton-frares-alfonso-ferraguti-lamor…

Tratto da: Alfonso Ferraguti, Al cantón di sticch, Ferrara, Associazione dei Dottori in Agraria, 1967. Alfonso Ferraguti (Marrara 1912 – 1980) Laureato in Agraria, direttore di un Centro per la Frutticoltura, collaboratore de L’Agricoltore Ferrarese (organo dell’Ispettorato dell’Agricoltura), imprenditore agricolo lui stesso.

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