Politica
7 Febbraio 2021
Commozione e parole sentite per chi “ha saputo insegnare l'umiltà alla politica”

I funerali di Andrea Marchi. “Sei stato un dono”

Funerali Andrea Marchi, foto di Alessandro Castaldi
di Redazione | 5 min

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Funerali Andrea Marchi, foto di Alessandro CastaldiOstellato. Inizia con l’ingresso contingentato in chiesa l’ultimo saluto ad Andrea Marchi. Nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, riaperta dopo un anno proprio in occasione dei funerali di chi fu sindaco dal 2009 al 2019.

All’interno da una parte la fila delle autorità, dall’altra la famiglia, i parenti e gli amici. Circa cento persone. Fuori, sul sagrato con i posti segmentati sul pavimento per rispettare i distanziamenti, altre centinaia di persone. L’affetto delle persone che hanno voluto bene o stimato Marchi esplode quando la bara in legno di frassino viene scortata dalle funzioni funebri.

All’interno don Luciano Domeneghetti, assistito da latri cinque sacerdoti e dal coro: “Andrea è stato un dono. Un dono per la sua famiglia e per questa comunità dove ha espresso con intelligenza e responsabilità e permettetemi, una sana ironia, le sue doti umane a servizio dei cittadini per il bene comune. Due mandati, caro Andrea, come primo cittadino del Comune di Ostellato dove ti sei speso e consumato come un seme prezioso che si dona tutto ad un terreno nella speranza che nasca qualcosa di bello e buono”.

Poi, negli ultimi anni, per Marchi è arrivato “il mandato più difficile”: “quello della sofferenza e della malattia. Un mandato che, è vero, non piace a nessuno e che vorremmo evitare”. Ma lui, nonostante i suoi 45 anni, l’ha affrontato nel modo più dignitoso e coraggioso.

E così a don Luciano non resta che ricordare oggi che “la vita di Andrea è stata dono ma, ora, sei un nuovo dono per noi. Un dono che accompagnerà questa comunità, le persone che ti hanno amato e stimato”.

Un dono e una guida anche per i governanti. L’esempio di rettitudine, onestà, capacità e competenza di Marchi “vi sia da guida – ammonisce don Luciano rivolto alla fila delle autorità – nel vostro operare per i territori e le materie che vi competono”.

Dopo l’omelia tocca a Pietro parlare. È il nipote di Marchi, figlio della sorella Paola. “Vi ringrazio a nome di tutta la mia famiglia per la presenza e l’affetto dimostrati in questi giorni e non solo. Se siete così tanti e perché Andrea ha saputo essere un grande marito, un grande zio, ma non solo. Ci lascia un esempio di generosità, altruismo e dedizione che ha lasciato segni indelebili in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo”.

Poi Pietro si rivolge a Davide Bonora, il vicesindaco di Ostellato, medico e amico che ha seguito Marchi quotidianamente nei momenti della malattia. A lui va “una profonda riconoscenza per la sua amicizia e vicinanza senza riserve. Per lui è stato come un fratello”.

Pietro, 20 anni, studente di Giurisprudenza come lo zio, chiude con una citazione in latino, un ultimo omaggio: “le vere amicizie sono eterne. Quanto a me, io non posso fare altro che augurargli buon viaggio”.

Tocca poi a Bonora avvicinarsi al pulpito. Il dolore lo piega letteralmente in due e serve il sostegno, anche fisico, di don Luciano per consentirgli di parlare: “Sono qua con la fascia di vicesindaco che tu hai voluto farmi indossare. Noi tutti siamo orgogliosi di aver fatto questo percorso con te. Sapevi amministrare con passione, competenza e tenacia. Eri davvero, il sindaco di tutti, a fatti e non solo a parole”.

Bonora assicura che “ci ricorderemo il grande uomo che sei stato. Ora tolgo la fascia per dirti ‘ciao grande capo’, come ti chiamavo in municipio. Ora mio malgrado sono qui a onorare quella scommessa che abbiamo fatto e che hai voluto vincere tu”.

Il riferimento è alla malattia di cui Marchi soffriva ormai da cinque anni e mezzi: “Alcune cose non te le dicevo, ma tu lo sapevi lo stesso e facevi finta di credermi perché non volevi perdere la speranza. Ciao Andrea, è stato un onore far una parte di cammino con te per servire, come la chiamavi tu, la mia gente”.

Segue poi l’intervento di Nicola Minarelli, sindaco di Portomaggiore, presidente reggente della Provincia e amico intimo di Marchi. Minarelli parla a nome dei sindaci del territorio e in rappresentanza del Partito democratico.

E parte dal “chiederti scusa per questo discorso non all’altezza del momento. E ti chiedo scusa anche a nome del Pd, che ti ha dato molto meno di quello che avresti meritato”.

Minarelli ricorda che “ci hai insegnato l’umiltà, virtù rara e praticamente sconosciuta in politica. Ma umile lo eri perché eri forte, umano e intelligente. E hai insegnato tanto altro a chi ha avuto il privilegio di conoscerti”.

Il sindaco insiste sul valore di una “persona vera, trasparente, non ambigua e soprattutto pulita. Eri altruista e generoso oltre ogni limite”. Minarelli ricorda gli orari notturni in cui spessa Marchi si attardava in municipio. E lui “con gli amici ti chiedevamo di smettere e riposarti, perché ci facevi sentire inadeguati”

Ricorda anche quando il giorno di Santo Stefano aprì da solo l’ufficio anagrafe per fare la carta di identità a un cittadino che partiva per le vacanze. O quando a -8 gradi spalava di notte insieme alla protezione civile la neve che aveva bloccato una strada. O quando rimase con gli stivali al ginocchio a monitorare la situazione tutta notte per un rischio alluvione.

“Sfido chiunque a dire che non fosse un piacere stare in tua compagnia – aggiunge Minarelli -. Non a caso i tuoi cittadini ti adoravano, perché si sentivano amati riveriti e coccolati. Ciao grande amico, ciao grande persona”.

Un ultimo messaggio arriva dai dipendenti comunali. E’ Patrizia Pasqualini dell’ufficio ragioneria a leggerlo: “Ci hai voluti come amici anche se eravamo i tuoi dipendenti. Ci ha fatto sempre sentire parti importanti di qualcosa. Senza di te non sarà mai più come prima”.

Ora tocca agli amici di una vita, quelli di Ostellato, portare in spalla la bara all’esterno per l’ultima benedizione. Sempre tra gli applausi e la lacrime.

Come direbbe Andrea Marchi con una delle sue citazioni preferite, “acta est fabula: plaudite!”. Lo spettacolo, l’opera, il compito è concluso. Ora applaudite.

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