Cronaca
14 Novembre 2020
Per il giudice il fatto non costituisce reato. Il sindacalista: “Mai mancato di rispetto a Patrizia Moretti”

Aldrovandi-Coisp. Maccari assolto per le frasi sulla foto di Federico

di Marco Zavagli | 4 min

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Il fatto non costituisce reato. Dopo 7 anni, 7 mesi e 20 giorni Franco Maccari incassa una assoluzione piena per il tristemente noto sit-in della discordia.

Era il 27 marzo del 2013. Il sindacato di polizia del Coisp manifestò in piazza Savonarola contro la mancata concessione di pene alternative al carcere per due dei poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi.

La protesta venne interrotta da Patrizia Moretti, che dai vicini uffici del Comune scese in strada mostrando la foto del figlio ucciso, con il sangue che aveva intriso il lenzuolo del lettino dell’obitorio.

Di lì a poco il Coisp tenne poco distante il suo congresso regionale. In quell’occasione Maccari accusò la stampa “vigliacca e penosa che ha pubblicato cose ignobili, compreso il non voler prendere atto che quella foto non è stata ammessa in tribunale perché non veritiera”.

La madre di Federico lo querelò per diffamazione aggravata a mezzo stampa, salvo rimettere successivamente la querela, stanca di esser costretta in continuazione a rivivere quei ricordi drammatici in pubblico. Ma il processo andò avanti, dal momento che Maccari non accettò la remissione, ribadendo la sua volontà di dimostrare la propria buona fede.

E la storia, quella giudiziaria, gli ha dato ragione. Ieri, venerdì 13 novembre, la stessa procura ha chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”. Secondo il pm, anche “alla luce della remissione di querela”; “le documentazioni e le dichiarazioni rese in sede dibattimentale lasciano presumere un fraintendimento dell’intera vicenda e anche le dichiarazioni di Maccari vanno ricondotte al fatto che originariamente la foto non era stata inserita agli atti, ma acquisita solo successivamente insieme a un album fotografico”.

Il difensore Eugenio Pini nella sua arringa parte proprio dal termine “fraintendimento”. Tutto il processo, secondo l’avvocato, si caratterizza per una serie di fraintendimenti. Vero è che quel 27 marzo Maccari fece quella dichiarazione “che non ha mai negato”, ma si trattava di un contesto sindacale e non di una conferenza stampa pubblica. Quelle dichiarazioni uscirono dai muri del convegno grazie a un giornalista di Estense.com che, sostiene Pini, “si era inserito in maniera clandestina”.

Ma il contesto sarebbe stato più ampio e “Maccari ha più volte sottolineato come rispettasse la disgrazia umana della signora Moretti, una disgrazia tra le più gravi che possano presentarsi”. E qui, afferma Pini, “c’è il primo fraintendimento, perché procura compie una operazione di chirurgia plastica e decapitata la frase, che non è più riferita alla stampa ma alla Moretti”.

A questo punto Pini avanza la prima richiesta di carattere procedurale: “non doversi procedere perché l’azione penale non doveva essere perseguita per difetto di forma”. La querela secondo il difensore presentava una firma non autentica che la renderebbe nulla.

L’azione penale, inoltre, non doveva essere perseguita anche per difetto di legittimazione, dal momento che “Patrizia Moretti non ha la qualifica di soggetto passivo del reato: la frase di Maccari era diretta alla stampa. Manca quindi il carattere offensivo dell’altrui reputazione”.

Entrando nel merito, Pini chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste per carenza dell’elemento oggettivo e soggettivo”.

A supporto della richiesta l’avvocato ricorda che “per ben due udienze nel primo processo quella foto non era stata ammessa perché mancava la prova della certa provenienza”. Quanto al “non veritiera”, Pini fa sue le dichiarazioni del consulente della procura di allora, Stefano Malaguti, che descrisse quell’immagine spiegando che la massa rossastra attorno alla testa del ragazzo era dovuta a “un fenomeno percolativo”, una “grandissima perdita di fluidi corporei” avvenuta post mortem dalla ferita che Federico aveva sul capo, “zona della testa particolarmente vascolarizzata”.

Mancherebbe infine anche l’elemento soggettivo, visto che “quella foto è stata oggetto di un’ampia battaglia giudiziaria e gli stessi consulenti della procura abbiano avuto grossi dubbi nel riconoscerla”.

Il giudice Andrea Migliorelli dopo un’ora di camera di consigli ha accolto la richiesta di assoluzione.

Si chiude così, a oltre 15 anni dall’uccisione di Federico, l’ultimo strascico processuale del caso Aldrovandi. E per Maccari si chiudono “7 anni di massacro”, sopportati perché “volevo cercare con tutte le forze l’assoluzione per dimostrare che non ho mai voluto mancare di rispetto a Patrizia Moretti, ma ribadire delle rivendicazioni sindacali che ancora oggi sono valide. Noi protestavamo perché non vennero concesse pene alternative al carcere ai poliziotti condannati, diversamente da quanto accade per tutti gli altri cittadini”.

Rimane però il fatto che “non accetto e non dimentico tutto quello che si è creato attorno. Ripeto: la signora Moretti ha diritto di dire tutto quello che pensa, a lei andrà sempre la mia comprensione e il mio rispetto. Non accetto e non perdono le strumentalizzazioni politiche e giornalistiche, che, questo lo ribadisco, sono state penose. Ho subito una gogna mediatica e anche lavorativa, per quanto concerne il mio sindacato, atroce. E questa sentenza, per quanto mi renda soddisfatto, non potrà mai ripagare”.

Allontanandosi dal tribunale l’avvocato Pini rilascia un’unica dichiarazione: “sono ovviamente soddisfatto, ma il mio primo pensiero va a Patrizia Moretti, per quello che ha passato”.

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