Attualità
24 Gennaio 2020
Ogni classe politica che si chiude in se stessa finirà per trasformasi in casta: è per questo che a chiedere chiarezza dovrebbero essere soprattutto i sostenitori di questa giunta

Perchè non c’è nulla di normale o trascurabile nello scandalo Solaroli

di Ruggero Veronese | 5 min

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Probabilmente hanno ragione il vicesindaco Nicola Lodi e i suoi guru della comunicazione quando dicono che alla maggioranza dei ferraresi importa poco o niente dello scandalo di Solaroli, il consigliere comunale leghista beccato con le mani nel sacco da La7 mentre offriva un posto di lavoro a una dissidente del partito per convincerla ad abbandonare il consiglio. In effetti a buona parte dei ferraresi non importa davvero nulla. In politica sono cose normali, dicono. Tanto fanno tutti così. Tanto era così anche prima, mica credere che gli altri fossero meglio.

Discorsi che sento ripetere in continuazione da una settimana, da parte di persone talmente stanche e deluse dalla politica da rinunciare allo sforzo di indignarsi anche quando lo scandalo travalica ogni precedente cronaca. Anche quando – come si è visto lunedì pomeriggio in consiglio comunale – chi dovrebbe rappresentare la volontà popolare sta palesemente prendendo il popolo per il naso, facendo slittare ogni eventuale risposta e chiarimento su un caso ormai di portata nazionale (pochi giorni fa il Corriere della Sera parlava di “scandalo congelato”) al momento successivo alle elezioni regionali. Come da copione della peggiore tradizione politica italiana.

Perché questo almeno è vero: certe cose si sono sempre fatte (o si è sempre cercato di farle) a prescindere dalla parte politica. Siamo una nazione con una lunghissima e decisamente ingloriosa storia di trabascanate di ogni genere, concordate spesso e volentieri nei luoghi di potere. Quello che è cambiato però, ed è proprio questo a preoccuparmi, è la nostra capacità e soprattutto volontà collettiva di reagire e di chiedere conto dell’accaduto. Che va sempre più calando, al punto da rendere davvero accettabile e digeribile in pochi giorni non solo uno scandalo che in altri tempi avrebbe provocato immediate dimissioni all’interno di maggioranza e amministrazione comunale, ma anche il totale muro di silenzio innalzato dalla giunta Fabbri (e in primis proprio da Fabbri) che pur di difendere Solaroli si è dimostrata disposta a sbattere la porta in faccia a tutti.

Quando dico tutti non intendo solo televisioni e giornali, ma anche i cittadini venuti lunedì in consiglio comunale per ascoltare le parole del sindaco: tutti in attesa, se non di una vera risposta, perlomeno di un qualche segnale di attenzione sulla vicenda. Di un piccolo accenno di autocritica. Di una presa di posizione magari anche un po’ traballante, ma che almeno togliesse a Fabbri quell’aura di totale indifferenza che lo permea ogni volta che non deve promuovere le gesta del proprio partito. Anche solo di un secco ma schietto “fateci lavare i panni sporchi in casa”, che in ogni caso avrei preferito all’ipocrisia istituzionale di cui siamo stati testimoni, con tanto di presidente del consiglio Lorenzo Poltronieri che regolamento alla mano ordina lo sgombero del consiglio comunale per le lamentele di una parte pubblico. Tutti fuori, tutti quanti, e tanti saluti. Non si sa mai che a qualcuno venga voglia di andare un po’ oltre i rassicuranti comunicati stampa dello staff di Fabbri o le dirette a una sola voce di Naomo. Non disturbate il macchinista e levatevi dai coglioni, tanto per parafrasare il “linguaggio istituzionale” che va di moda in giunta. Una bruttissima pagina per la democrazia a Ferrara, sicuramente la peggiore che ho avuto modo di vivere in prima persona.

No, credetemi: non è vero che queste cose sono normali o che si sono sempre viste. Non con questo livello di immunità e di impunità da parte dei politici coinvolti. Non con questo livello di chiusura da parte dell’istituzione pubblica. Non con questo livello di indifferenza da parte di chi ne dovrebbe chiedere conto. Quello che Solaroli ha fatto è di una gravità inaudita non tanto perché voleva piazzare un posto di lavoro grazie alla sua influenza politica (che è in effetti disdicevole ma tutt’altro che raro), ma perché questo ‘favore’ serviva a eliminare un dissenso politico interno alla maggioranza. Una maggioranza dove, per motivi di cui abbiamo già parlato, sembrano esserci rapporti di forza e di potere a dir poco anomali e in cui la campagna elettorale permanente del vicesindaco Lodi rischia di ostacolare più che agevolare le soluzioni ai problemi della città.

È per questo che a chiedere – anzi pretendere – chiarezza sul caso Solaroli non dovrebbero essere solo i suoi avversari politici (che può anche rientrare nel classico gioco delle parti), ma soprattutto chi ha votato per questa amministrazione e ne supporta l’operato. Perché quando viene a mancare ogni possibilità non solo di controllo esterno, ma anche di dissenso interno, anche la più benintenzionata e promettente classe politica è destinata a perdere il contatto con la collettività e a rinchiudersi nei propri interessi, trasformandosi in casta. È una delle poche cose certe della politica, a prescindere dallo schieramento. E non a caso è un po’ lo stesso motivo che ha causato il crollo dell’amministrazione di centrosinistra in questa città, che a detta di molti (me compreso) era talmente arroccata sulle proprie posizioni da non riuscire nemmeno più ad accorgersi di problemi e di situazioni di scontento ormai acclamate e sotto gli occhi di tutti. Il problema è che se ‘agli altri’ per rinchiudersi nella torre d’avorio c’è voluto più di mezzo secolo, qui deve ancora finire il primo anno di amministrazione e l’atteggiamento di chiusura è già molto più netto.

Non possiamo permetterci di continuare ad abbassare l’asticella di ciò che è giusto e tollerabile, giustificando comportamenti ingiustificabili e fissando il vuoto in silenzio come ho visto fare al (presunto) sindaco Fabbri nelle ultime due ore di consiglio comunale. È vero che nella politica italiana un certo grado di malaffare si è sempre visto, ma almeno di norma chi veniva beccato aveva il buon gusto di scusarsi, vergognarsi ed eventualmente sparire dalla scena pubblica. Se la “autosospensione dalle attività di partito” fosse davvero una risposta o una presa di responsabilità di fronte a casi che oltre che vergognosi sul piano umano e politico potrebbero anche avere rilievi penali, ci avrebbe pensato anche Craxi invece di scappare ad Hammamet. Forse vent’anni fa esisteva ancora il senso della vergogna, che è molto più efficace e difficile da aggirare di qualunque legge o regolamento. Ma se i politici hanno smesso di vergognarsi dei loro errori – e di conseguenza di pagarne le conseguenze -, è solo perchè oggi invece di pretendere risposte tante persone se ne restano sul divano a dire ‘tanto era così anche prima’.
Ma lo era davvero?

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