Eventi e cultura
15 Gennaio 2020
La curatrice Pacelli spiega il percorso curatoriale della mostra al Diamanti dedicata alla "modernità dello sguardo"

De Nittis: l’universo visivo raccontato tra pittura, fotografia e cinema

di Redazione | 3 min

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di Clelia Antolini 

Una Sala Estense colma di appassionati per scoprire il percorso curatoriale alla base della mostra “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo” visitabile fino al 13 aprile al Palazzo dei Diamanti.

Maria Luisa Pacelli, curatrice dell’esposizione assieme a Hèléne Pinet e Barbara Guidi, inaugura il ciclo di conferenze, intitolato “Fermo immagine. L’universo visivo di De Nittis tra pittura, fotografia e cinema”, che accompagnerà il pubblico nella comprensione del percorso espositivo, toccandone punti di vista differenti e inediti.

Il primo appuntamento, condotto dalla Pacelli stessa, ha preso in esame l’importante rapporto tra fotografia, cinema e la pittura di De Nittis, evidente ed esplicita linea guida della curatela.

“De Nittis ebbe rapidamente molto successo – racconta la curatrice -. Fece subito le giuste conoscenze una volta giunto a Parigi, ma la fama è sempre stata un’arma a doppio taglio e anche in questo caso, nonostante il suo indiscutibile talento e la modernità di molte sue opere, il pittore si trovò presto a sottostare ad alcune consuetudini legate alla committenza. Opere narrative, titoli aneddotici, ritratti di vita mondana: anche De Nittis scese a compromessi per mantenere il suo status. Con questo presupposto, riflettendo sul taglio curatoriale da dare alla mostra, ci siamo trovate a ragionare sull’opera del pittore analizzando i suoi dipinti e confrontandoci con la critica dell’epoca. Il punto d’incontro tra i due filoni è risultato essere la fotografia: mentre noi notavamo la particolarità del punto di vista di De Nittis, le sue scelte stilistiche, i critici rapportavano le sue opere ai dagherrotipi”.

Una relazione biunivoca con un mezzo all’avanguardia che si perfeziona proprio negli anni di attività del pittore: un’arte che cerca di riprodurre istanti di realtà, cogliendone l’aspetto emotivo, ed una fotografia che cattura il dettaglio ma che ancora non sa dargli spessore. Mentre la pittura si confronta con il reale, padroneggiando una nuova tecnica che possa ridurre al minimo le tempistiche di esecuzione, la fotografia si trova a dover fare i conti con lunghissimi tempi d’esposizione.

“Alla morte di De Nittis furono trovate più di 100 fotografie in una scatola, nel suo atelier – continua la Pacelli -. Non è assolutamente una notizia inaspettata, molti artisti collezionavano ed utilizzavano fotografie. Il punto è che non c’è affiliazione né imitazione tra l’arte e la fotografia del pittore”.

La rivoluzione del pittore è sicuramente incentrata sul punto di vista, quella che oggi, con la fotografia, definiremmo inquadratura. Spiega la curatrice: “In un’opera come Stanza con vista è evidente la modernità dello sguardo di De Nittis che aggiunge ad un panorama classico, una marina, una porzione di finestra. Il davanzale conferisce un aspetto poetico all’opera: c’è qualcuno all’interno della stanza, qualcuno che non vediamo ma di cui avvertiamo la presenza”.

Alle opere in mostra sono spesso affiancate fotografie significative con le quali diventa facile il confronto. Altrettanto chiaro l’accostamento con il cinema dell’epoca, uno spezzone embrionale dei fratelli Lumière, dedicato a Parigi, che resta ancora vincolato all’inquadratura fissa. Non solo notiamo una somiglianza tra i punti di vista, ma diventa altrettanto semplice constatare che si tratta anche dei medesimi soggetti.

Il ciclo di incontri in Sala Estense, tutti alle ore 17, proseguirà il 22 gennaio, con il professor Claudio Sisi, presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, che rifletterà sugli stati d’animo e la natura nell’opera di De Nittis. Seguirà Barbara Guidi, curatrice della mostra, il 5 febbraio, per affrontare il tema del paesaggio urbano. Si concluderà poi il 12 febbraio con Dominique Paini, della Cinémathèque Française di Parigi, e la sua analisi approfondita del rapporto tra l’opera del pittore ed il cinema.

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