Attualità
6 Luglio 2019
Molti i dubbi sulla qualità della didattica. Il rettore Zauli: “Siete liberi di andarvene”

Medicina formula 600. Lo scoramento degli studenti

di Redazione | 6 min

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Prima dell’incontro patinato con la stampa, il rettore Giorgio Zauli aveva incontrato anche gli studenti, per chiarire i dubbi attorno alla nuova ‘formula 600’ della facoltà di Medicina.

La recente assegnazione di 602 posti al corso di laurea magistrale per l’anno accademico 2019/20, contro i 183 attuali, pone Unife dietro solo alla Università “La Sapienza” quanto a numero di futuri immatricolati. Un balzo quantitativo in avanti che però non trova favorevoli molti studenti universitari che, nel corso dell’incontro tenuto davanti al Consiglio di Facoltà, hanno espresso molte critiche e perplessità.

Un incontro molto diverso, nei contenuti e nei toni, rispetto a quello con i giornalisti. Lo dimostra la prima premura di Zauli, nel chiedere di tenere riservato tutto ciò che veniva detto all’interno dell’aula “per evitare strumentalizzazioni da parte dei giornali“.

A ogni modo gli interrogativi principali posti dai futuri medici riguardavano la qualità delle didattica. Perché, ad esempio, lezioni in streaming e tutor al posto dei docenti quando in tutte le più prestigiose università del mondo ormai si predilige per la medical education il modello delle piccole classi con pochi studenti? La domanda è ribadita da studenti che hanno avuto l’opportunità di studiare all’estero e confrontarsi con i vari esempi di didattica in voga in Inghilterra, negli Usa e in Australia.

“Io mi sono trasferito a Bari – racconta uno dei tanti dubbioso -, dove c’erano 400 iscritti, e ho vissuto sulla mia pelle le difficoltà dei grandi numeri, che impediscono di percepire l’umanizzazione dello studente di medicina. È inevitabile che si arriverà a risultati tristi.

“Non abbiamo le risorse per perseguire dei modelli che non sono nostri” è stata la risposta di uno dei componenti del consiglio di facoltà.

Ancora dubbi: “come faranno a interrogare 600 studenti in esami come anatomia patologica? Una sessione durerebbe dieci mesi”

Viene poi la questione nodale dei tirocini, sulla quale Zauli si è già speso per accordi e convenzioni: “Stiamo collaborando a stretto contatto con le aziende sanitarie di Ferrara – aveva detto alla stampa -, con l’azienda Sanitaria Polesana e prossimamente intavoleremo un discorso anche con l’azienda della Romagna, in modo da garantire a tutti i nostri studenti tirocini ed esperienze di studio sul campo di alto livello”.

Quella che emerge tra gli studenti però è un’altra realtà. “Già oggi – incalza uno studente – i tirocini sono una grossa problematica di Ferrara. Io ad esempio, purtroppo, esco dall’università senza avere competenze pratiche. Attualmente i tirocini che facciamo qua sono assolutamente inefficaci, sono troppo corti e troppo affollati. Io sto per laurearmi e non so prendere una vena, non saprei trattare le più banali problematiche di pronto soccorso perché non facciamo attività pratica. Se abbiamo già queste criticità con 180 studenti, non oso immaginare quando il numero sarà triplicato”.

L’intervento strappa gli applausi dei colleghi, ma non dei docenti. “Il problema dei tirocini non l’ha solo Cona – replica il rettore -. È un problema legato al fatto che gli studenti vengono visti come una rottura di scatole. Altro problema è il voler scimmiottare i paesi esteri, perdendo le nostre caratteristiche di avere una buona preparazione teorica. In Italia ti laurei sì con poca capacità pratica, ma con una grossa preparazione teorica che nel tempo ci fa recuperare il gap con i collegi di altri paesi”.

Per venire incontro invece al problema dei tirocini nelle strutture del territorio (“ci chiedono di essere contemporaneamente a Cona, al Delta e a lezione…”), Zauli fa sapere che “stiamo pensando ad agevolazioni come per quelli che vanno a lezione in fiera”. Una soluzione prospettata è quella di “scegliere la struttura periferica del tirocinio in base alla provenienza geografica dello studente, che si troverebbe così agevolato nel raggiungere un ospedale limitrofo”.

Una studentessa chiede se sia stata fatta una valutazione parallela su appartamenti, studentati, residenze “perché gran parte degli studenti viene da fuori regione”. Alla risposta del delegato al diritto allo studio – “ci stiamo lavorando e valutiamo una decina di appartamenti” – si scatena un misto di disapprovazione e risolini. Abbastanza per far perdere la pazienza al rettore: “la discussione rimanga su temi seri. Il tema è che ci stiamo lavorando, dopodiché, siete tutti liberi di trasferirvi altrove se non vi va bene Ferrara, così come sono tutti liberi di non iscriversi qui gli altri”.

La secca risposta lascia di stucco i presenti. Rompe il ghiaccio un’altra studentessa, preoccupata perché “Se oggi mi chiedessero se vale la pena fare Medicina, direi di no. Usciamo da qui impreparati, servono investimenti nelle scuole di specializzazione, altrimenti non abbiamo niente in mano”.

Discorso da “pessimismo cosmico”, lo bolla il rettore, che anticipa che proporrà al governo “un contratto di formazione lavoro da offrire obbligatoriamente a tutti i laureati a responsabilità crescente, dove dopo cinque anni sei equiparabile a uno specialista. Non è aumentando i posti di specializzazione che si risolvono i problemi. Non c’è coincidenza tra domanda e offerta perché tutti vogliono fare solo determinate specialità. È così, i dati lo dimostrano: il chirurgo lo fai perché hai una vocazione, l’internista perché non hai alternative. Le esigenze del mercato del lavoro sono queste. Se il mercato chiede medici d’urgenza e tu non lo vuoi fare, allora ululi alla luna”.

Altri brontolii e mormorii. ”Ma perché proprio 600?” chiede un altro universitario. “Abbiamo fatto un’analisi dei posti letto in provincia e paesi limitrofi – gli rispondono dal consiglio di facoltà -. Bisogna avere 1800 posti letto per reggere 600 studenti, perché c’è un rapporto tra posti letto e studenti iscritti a medicina. Se avessimo trovato 2400 posti letto ne avremmo di più”.

Ma non c’è fortunatamente solo quel parametro: “quando pensavamo alla sperimentazione volevamo avere una platea abbastanza ampia per consentire poi il passaggio al secondo anno di un numero congruo di studenti”.

Anche Zauli vuole rispondere: “la mia idea, irrealizzabile, è quella di un accesso a medicina aperto a tutti, dopodiché si iscrivono solo coloro che superano con 27/30 il primo semestre. Così compenetri l’esigenza di dare la massima opportunità a tutti e la selezione dei più meritevoli”.

Ma perché non partire con un numero più basso per capire come funzionava l’ingranaggio? “È frutto della politica difensiva del ministero – spiega Zauli -, perché ci sono state delle recenti sentenze sfavorevoli in seguito a ricorsi di studenti basati sul diritto costituzionale allo studio”. Per questa ‘paura del ricorso’ “Loro danno tutti i posti che le università chiedono. Noi abbiamo chiesto 600 e ce ne hanno dati 600, non perchè ci vogliono bene, ma perché hanno paura del ricorso di uno studente”.

Al termine dell’incontro il sentimento maggiore che serpeggia tra gli studenti è lo scoramento: “Le risposte che ci sono state date non sono soddisfacenti o sono addirittura contraddittorie“; “l’Università non ci ascolta. Ad alcune delle nostre criticità ci è stato risposto che siamo liberissimi di iscriverci al San Raffaele o di chiedere il trasferimento. Non è il tipo di confronto che ci aspettavamo o che fa il bene di Unife”; “ci sono state promesse molte cose ma non mi sento sicuro della fattibilità del progetto. Le valutazioni sulla realizzabilità andrebbero fatte prima di prendersi la responsabilità di incominciarlo. È come decidere di costruire una casa senza fare prima il disegno e procurarsi tutti i mattoni”.

Medicina a Ferrara è già in crisi – fanno notare altri -, con aule, spazi in ospedale e opportunità formative non sufficienti. Nel momento in cui però viene fatto notare, la risposta che si riceve è che ci sono altri posti in cui le cose vanno peggio. Un’università dovrebbe puntare ad essere la migliore, non a essere meno peggio di altre“.

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