Politica
19 Febbraio 2019
Il segretario in pectore del Pd: "A Ferrara non si ricordano provvedimenti per la sicurezza". Tagliani: "Non sono pronto a lasciare la città in mano alla destra"

Zingaretti fa il pieno al petrolchimico: “Il Pd deve cambiare per spezzare la tenaglia antidemocratica”

di Redazione | 6 min

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Offre la sua vicinanza umana a Matteo Renzi — “ho fiducia nella magistratura, va separata la dimensione umana da quella giudiziaria”, dice —, si schiera con il sindaco Tagliani e critica apertamente Salvini nel fallout per i fatti di sabato sera in Gad, propone un partito riformista che la smetta con le mitosi costanti e che, soprattutto, sia in grado di “rompere la tenaglia che sta distruggendo la democrazia italiana” composta dai compromessi del governo che arrivano dopo le grandi aspettative della campagna elettorale e che rischia di “portare alla terza fase del populismo, la ricerca del capro espiatorio che sarà la spallata alle istituzioni repubblicane e alla nostra democrazia”.

È nettissimo il frontrunner alla segreteria del Pd Nicola Zingaretti, che arriva a Ferrara — una città diventata dalla sera alla mattina politicamente ‘calda’ — in una serata complicata dalla messa agli arresti domiciliari dei genitori dell’ex premier e segretario del Pd per bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti per parlare alla ‘sua’ gente in vista delle primarie del 3 marzo.

Lo fa dalla mensa del petrolchimico nel piazzale Donegani, una location che Tagliani, che molto probabilmente ha aiutato nella scelta, giustifica col fatto che “ questo è il posto più significativo, fino a un paio di anni fa Eni voleva dismettere la chimica industriale, oggi ci sono 70 posti di lavoro in più per i ferraresi e 252 milioni di euro di investimenti di Versalis”. E la ‘sua’ gente risponde: arrivano centinaia di persone, comprese le rappresentanze del Pd da tutta la provincia ed alcuni probabili alleati come gli uomini di Mdp, e la sala si riempie.

“Abbiamo litigato troppo in questi anni, e discusso troppo poco. Questo ha fatto sì che in molti si allontanassero da noi”, tuona in apertura di intervento mentre espone il suo concetto di “quello che dovrà essere il Pd”, ovvero una ‘piazza grande’ e con il ruolo che non è solo quello di criticare gli avversari: “Dobbiamo farlo”, concede, “ma non siamo nati solo per opporci alle idee degli altri, siamo nati per far vincere le nostre”.

Poi, richiamando la figura retorica delle catene, parla di “tenaglia da spezzare”, fatta da due lame: “Una grande aspettativa nei confronti di questo governo costruita su aspettative che parlano ai bisogni e alle paure della gente e il fallimento drammatico del compromesso su cui è stato costruito il governo Conte”. Un fallimento certificato dall’”Italia che ritorna in recessione, la produzione industriale che cala del 5 percento, 350 posti di lavoro persi ogni giorno e un bilancio catastrofico soprattutto per i nostri ragazzi, che contiene 20 miliardi di dismissioni immobiliari per pagare le promesse elettorali mentre non c’è nulla su scuola, ricerca e internazionalizzazione e le infrastrutture e i cantieri sono tutti bloccati”.

E il rischio, per Zingaretti, è che tutto questo sarà l’apripista per un momento molto pericoloso: “Quando le persone avvertiranno la fine di quest’esperienza di governo partirà la ricerca del capro espiatorio, e sarà la spallata alle istituzioni democratiche e alla nostra democrazia. La partita è questa, la tragedia non è stata il 4 marzo ma la difficoltà a rimetterci in piedi dopo”. Il segretario in pectore del Pd chiede quindi di imprimere uno stop alla “subalternità ai giornali che parlano dell’invincibilità dei personaggi come il ministro dell’Interno. Quella Lega come base culturale ha l’odio e il disprezzo, non la crescita dell’Italia. La Lega non guarda al futuro”.

Da lì alla situazione locale il passo è breve, e Zingaretti cita quindi gli eventi in Gad: “La Lega è distratta con i suoi messaggi di odio anche in una città come Ferrara, dove il nessuno si ricorda di un provvedimento del ministro dell’Interno per la sicurezza della città”, attacca il segretario in pectore del Pd che poco prima si era associato “alle richieste al ministro che invece di fare comizi dovrebbe garantire la sicurezza. Servono più forze dell’ordine, invece di fare una perenne campagna elettorale con le divise di tutti bisognerebbe essere presenti dove c’è una domanda di sicurezza da parte dei cittadini, che vuol dire maggiori presidi. Questa è la tragedia di questo governo che mette prima gli interessi dei due partiti a quelli degli italiani”.

Sono parole che a Zingaretti valgono una standing ovation, la seconda della serata dopo la prima riservata a Tagliani che ha parlato di “una città talmente tranquilla e poco avvezza ai drammi e alle guerriglie che basta rovesciare due cassonetti in viale Po che si gira un film e arriva il vicepremier a mettere a posto quello che succede. Una città talmente tranquilla che non ha bisogno né di polizia né di carabinieri, risolviamo le cose con i film” e poi si è detto pronto a lavorare fino all’ultimo minuto perché “non me la sento di lasciare Ferrara nelle mani della destra”. Vorrebbe dire anche altro ma gli applausi lo sovrastano per mezzo minuto e lui si commuove: “Dobbiamo togliere questa patina di grigiore e paura che circonda ogni evento, e questo è un buon segnale: da un pezzo non riuscivamo a riunire un quarto della gente che è qui stasera e che era spaventata che la battaglia fosse persa. Non lo è, ma ci serve un messaggio che linguaggio che venga compreso”.

Rimane che il Pd debba cambiare, e Zingaretti non vuole abiure. “La domanda che non ci siamo voluti fare è questa: ‘Se sono così eversive quelle soluzioni perché gli italiani hanno scelto loro e non noi?’. Qui dobbiamo indagare. Abbiamo aiutato l’Italia ad uscire dalla crisi peggiore della storia repubblicana ma non abbiamo avuto il coraggio di affrontare il tema delle disuguaglianze sociali e della solitudine delle persone”, dice, e tra il reddito di cittadinanza che diventa “reddito di sudditanza se non c’è un lavoro per un’economia giusta” si proclama riformista e chiama i suoi a “ricostruire l’empatia per la giustizia sociale”. In tutto questo che manca “noi qualcosa abbiamo sbagliato”.

Della scelta di sostenere Zingaretti è orgogliosa anche Marcella Zappaterra, secondo cui il “carattere dei riformisti è quello di dire cose importanti in modo pacato”. “Dobbiamo far comprendere a tutti che quello che vogliamo è costruire un partito aperto ed inclusivo che dal 4 marzo non litighi al suo interno. Un partito unito che riconosca il segretario e che spero esca dalle primarie con una partecipazione e un’affermazione importante. Un partito che cambi il lessico, che smetta di classificare gli aderenti alla mozione come quelli della prima, della seconda o della terza ora. Servirà anche un gruppo dirigente responsabile, generoso e disposto a mettere da parte personalismi e pratiche correntizie. Dal 4 marzo c’è bisogno di tutti, non ho pregiudizi ad accogliere anche ci ha abbandonato: il ricambio ci è indispensabile per recuperare la credibilità che abbiamo perso e far capire che abbiamo capito la lezione”, aggiunge la consigliera regionale.

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