
Rodrigo Turolla nel servizio de Le Iene
Goro. Ci sono due nuovi indagati per la morte di Willy Branchi, il giovane di appena 18 anni trucidato 29 settembre 1988 e per il cui omicidio da più di 30 anni non ci sono colpevoli.
Si tratta del sarto Rodrigo Turolla e di sua moglie, Maria Barini, anche loro iscritti nel registro degli indagati per false informazioni dal sostituto procuratore Andrea Maggioni, che ha preso in mano le nuove indagini disposte dal gip dopo che la famiglia di Willy si era opposta all’archiviazione chiesta inizialmente dalla procura. Anche loro non avrebbero risposto o avrebbero dato versioni discordanti su una o più circostanze.
Salgono così a sei le persone coinvolte dalla Procura nel cold case dopo Carlo Selvatico – unico imputato al momento -, don Tiziano Bruscagin, Patrizio Mantovani e il medico Pierluigi Bordoni.
Turolla e Barini, assistiti d’ufficio dall’avvocato Francesco Andriulli.
«Per noi si tratta di testimoni fondamentali», afferma Simone Bianchi, avvocato che assiste la famiglia di Willy nella ricerca della verità. I due vivono infatti nei pressi di via Bruno Buozzi, dove la voce di Willy venne sentita l’ultima volta. Lo stesso, nel servizio de Le Iene, disse che il fatto era avvenuto a 40 metri da casa sua, affermando che secondo lui si trattava di una questione di droga.
Turolla venne tirato in ballo da don Bruscagin che disse che lui sapeva chi era stato a uccidere Branchi.
Il sarto raccontò al Resto del Carlino di aver detto al parroco di aver trovato un laccio davanti al suo garage, il 20 settembre, e di averlo buttato via. È un dettaglio non da poco perché la perizia sul corpo di Willy diceva (e dice ancora) che il giovane venne tenuto a bada usando un ampio laccio stretto al collo.
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