Spettacoli
28 Ottobre 2018
A Pontelagoscuro anteprima della nuova versione del lavoro di Cora Herrendorf “Dame la mano”

Teatro Nucleo ‘dà una mano’ all’universo femminile

di Redazione | 2 min

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Dame la mano y danzaremos;
dame la mano y me amarás.
Como una sola flor seremos,
como una flor, y nada más…

El mismo verso cantaremos,
al mismo paso bailarás.
Como una espiga ondularemos,
como una espiga, y nada más.

Te llamas Rosa y yo Esperanza;
pero tu nombre olvidarás,
porque seremos una danza
en la colina y nada más…

Un universo femminile, donne che raccontano e interpretano donne: è la nuova versione di “Dame la mano” di Cora Herrendorf, maestra di teatro, regista e co-fondatrice di Teatro Nucleo, il nuovo stadio di un lungo percorso di ricerca che dura dagli anni Ottanta.

È una ricerca che viene da lontano, quella di “Dame la mano”: il primo montaggio, ispirato a “Le Serve” di Jean Genet, era interpretato da Paolo Nani e Antonio Tassinari, seguendo così la volontà dell’autore stesso di portare in scena una femminilità senza femmina. Oggi, in un clima sociale e politico che tende a legittimare offese e violenze di impronta maschilista, le regista prende posizione affidando, invece, l’interpretazione a due attrici: Natasha Czertok e Martina Pagliucoli.

Nel frattempo al testo di Genet si sono aggiunte poesie dell’italiana Chandra Livia Candiani, della polacca Wisława Szymborska e della cilena Gabriela Mistral, quasi che Herrendorf volesse riunire attorno a temi universali in cui riconoscersi – impotenza, rabbia, solidarietà, maternità – le sue radici e il suo lungo cammino, dall’Europa al Sud America all’Italia.

Natasha Czertok e Martina Pagliucoli partono da Solange e Claire, le due serve sorelle di Genet – a loro volta ispirate alle due serve sorelle assassine Papin – che rappresentano tutti coloro che, in modo diverso e a diverso titolo, sono oppressi, rifiutati, reietti, considerati diversi e pertanto relegati ai margini. Solange e Claire sono una falsificazione della femminilità, Natasha e Martina sono maschere, ma nello stesso tempo interpretano la radicalizzazione dell’apparenza. Poi arriva la verità, la fragilità, l’universalità della poesia di Candiani, Szymborska e Mistral. Dal bianco al nero. Come afferma Cora Herrendorf: “Attivando le ‘zone chiare’, quello che si sa, possono essere percepite le zone oscure, ciò che ancora non si conosce”.

Un rituale carosello di azioni e danza, ora giocose ora drammatiche, ora grottesche ora violente, che si intrecciano ad una sorta di puzzle poetico. Fra commedia dell’arte, teatro kabuki, poesia e musica, attraverso brandelli, metafore e citazioni, Herrendorf non sembra voler suscitare una comprensione cosciente, bensì un’empatia viscerale, sembra voler evocare memorie ed emozioni nel nostro profondo.

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