Cronaca
17 Ottobre 2018
In manette altri due protagonisti dell'agguato in via Oroboni: decisive telefonate, filmati e la testimonianza del giovane che intervenne

Tentato omicidio col machete. Giovane punito per ‘collaborazionismo’ con la Polizia

di Ruggero Veronese | 4 min

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Quello del 30 luglio all’angolo tra via Oroboni e via Olimpia Morata fu un vero e proprio agguato: premeditato e organizzato nel dettaglio per togliere di mezzo un possibile rivale per il controllo dello spaccio a Ferrara, sospetto ‘collaborazionista’ della polizia.

La ricostruzione della Polizia di Stato – frutto di testimonianze, filmati e riscontri telefonici – non lascia spazio a dubbi e il capo della squadra mobile Andrea Crucianelli si esprime in modo netto: “Episodi come questi, a Ferrara, non saranno in alcun modo tollerati”.

E infatti ieri mattina (martedì 16 ottobre) sono scattate le manette per altri due protagonisti dell’aggressione, dopo gli arresti del 31 agosto degli ‘esecutori materiali’, Irabor Igbiniosa e Anthony Odianose Lucky. In questo caso si tratta di Junior Musa e Glory Egbogun, entrambi nigeriani, rispettivamente di 28 e 25 anni, che nel tentato omicidio del loro connazionale Steven giocarono soprattutto il ruolo di ‘provocatori’ e sentinelle, seguendo i suoi spostamenti e avvertendo telefonicamente i due complici.

Proprio dalle loro telefonate la polizia è riuscita a ricavare dati indispensabili per l’indagine: quel giorno, tra le 17:30 e le 17:42 ci fu una serie di chiamate tra Musa e Lucky, collocati nella stessa cella telefonica (così come Egbogun) e quindi a poca distanza l’uno dall’altro.

Ma indispensabile è stata anche la testimonianza di Lawrence, il 25enne che per primo si accorse del pestaggio in corso e intervenne in prima persona per fermarlo, rimediando anche una ferita al braccio. Poco prima dell’agguato, Lawrence passò davanti al’angolo tra via Oroboni e via Morata e notò Musa ed Egbodun discutere con il giovane che di lì a poco sarebbe stato aggredito. Tra i nigeriani volarono spintoni e Steven prese la bicicletta e iniziò la fuga, ma solo per finire dopo poche centinaia di metri nell’agguato teso da Igbiniosa e Lucky, che erano in costante contatto telefonico coi complici.

Junior Musa

Glory Egbogun

Le registrazioni video acquisite dagli inquirenti hanno confermato le parole di Lawrence e mostrano prima l’inseguimento e poi la fuga verso via Canapa degli spacciatori dopo il regolamento di conti, oltre alle immagini dello stesso Lawrence che viene ferito all’avambraccio mentre interviene in difesa del 26enne.

Una serie di riscontri che hanno consentito alla squadra mobile di stringere il cerchio attorno ai protagonisti dell’agguato. E nuovi spunti sono arrivati anche dopo gli arresti del 31 agosto: quel giorno infatti Egbodun fu fermato insieme a Lucky, ma venne rilasciato nello stesso giorno perché su di lui non c’erano ancora prove decisive.

Una ‘liberazione’ che però fu guardata con sospetto dagli stessi compagni del 25enne, che ipotizzarono una sua collaborazione con la polizia. Per questo motivo il machete usato nell’aggressione fu spostato (forse da Musa, intercettato mentre ne discute con Lucky) nello scantinato dell’abitazione di un altro connazionale (ora indagato per favoreggiamento), dove martedì mattina la polizia ha condotto un blitz che ha portato al ritrovamento e al sequestro dell’arma, nascosta dentro la lavatrice.

Il machete ritrovato all’interno di una lavatrice

Il timore di un ‘collaborazionismo’ tra mondo dello spaccio e forze dell’ordine era del resto anche alla radice del tentato omicidio di Steven, che secondo gli inquirenti farebbe parte di un gruppo di spacciatori rivale che opera in zona Grattacielo e che – sempre in base alla ricostruzione della Mobile -, secondo alcuni pusher nigeriani, in giugno avrebbe fornito informazioni e nomi alla questura di Ferrara per liberarsi della concorrenza.

Oggi gli inquirenti non escludono possibili collegamenti tra l’aggressione in via Oroboni e i numerosi episodi di violenza avvenuti a Ferrara nel corso dell’estate, in quella che fin dal principio è sembrata una vera e propria guerra tra bande per il controllo dello spaccio, degenerata in breve tempo in una serie di ritorsioni reciproche.

Episodi che in una situazione hanno visto coinvolto anche il fratello di Steven, nel ruolo di aggressore, e che hanno richiesto alla questura un lavoro a tutto campo per ricostruire nel dettaglio le dinamiche private e personali tra i gruppi di spacciatori. “Dalla comunità nigeriana abbiamo avuto un ottimo supporto, come sempre accade quando si verificano episodi di questo tipo – afferma Crucianelli -. È un mondo dove c’è anche chi non parla per paura di ritorsione, ma la parte virtuosa della comunità è sempre stata la prima a chiederci una risposta dura di fronte a questi fenomeni”.

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