Pier Paolo Minguzzi
Un’indagine chiusa da 31 anni si riapre grazie alle nuove tecniche di analisi del dna. E potrebbe finalmente gettar luce sul misterioso omicidio di Pier Paolo Minguzzi, lo studente di agraria 21enne di Alfonsine, all’epoca carabiniere di leva, sequestrato il 21 aprile 1987 e ucciso in una stalla di Vaccolino, prima ancora che alla famiglia giungesse la richiesta di riscatto. Nei giorni scorsi la procura di Ravenna ha infatti riaperto il fascicolo, archiviato nel 1996 al termine di lunghe e infruttuose indagini. Il passaggio successivo dovrebbe essere la riesumazione della salma di Minguzzi, alla luce delle nuove tecniche di analisi del dna.
All’epoca della morte del ragazzo il caso fece molto discutere, anche a causa dell’efferatezza mostrata dai rapitori. Minguzzi infatti era di stanza a Mesola durante il suo periodo di leva, e il 18 aprile tornò ad Alfonsine in licenza per trascorrere la Pasqua con la famiglia. Dopo aver trascorso il giorno successivo al mare e a Imola con la fidanzata la riaccompagnò a casa, e da quel momento si persero le sue tracce.
Durante la notte la famiglia, preoccupata dal non vederlo chiamare, allertò i carabinieri. La Golf rossa di Minguzzi fu trovata parcheggiata nel centro di Alfonsine con le chiavi attaccate al cruscotto e il sedile più vicino del solito al volante: segno che a guidare fin lì non era stato il ragazzo, di corporatura piuttosto massiccia, ma una persona più minuta. Il giorno successivo uno dei rapitori, dall’accento siciliano, telefonò alla famiglia chiedendo un riscatto da 300 milioni di lire, ma senza fornire alcuna prova che il giovane fosse ancora vivo.
Mentre procedevano le trattative con i sequestratori il cadavere di Minguzzi fu ritrovato nei pressi di Codigoro, avvistato il primo maggio da un gruppo di canoisti nel Po di Volano. Attorno al collo aveva la corda con cui era stato strozzato. Dalle analisi risultò che la morte era avvenuta nelle prime ore, forse la notte stessa del rapimento. Una delle ipotesi fu che il ragazzo, sportivo e robusto, potesse essersi ribellato fino ad avere quasi la meglio sui rapitori, che a quel punto lo avrebbero ucciso. Le indagini portarono anche all’individuazione del luogo dell’omicidio: una stalla abbandonata a Vaccolino. I carabinieri e la famiglia non diedero immediatamente l’annuncio del tragico epilogo, nella speranza di essere nuovamente contattati dai sequestratori, ma non ci furono altre telefonate. Nello stesso anno un altra famiglia di imprenditori ricevette una richiesta di riscatto da 300 milioni di lire, ma la trattativa con i rapitori culminò in una sparatoria e alla morte di un carabiniere. Tre persone finirono in carcere, ma gli indizi a disposizione non consentirono di collegarle anche al delitto Minguzzi.
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