Tresignana
22 Aprile 2018
L'ex ospedale di Tresigallo che la giunta vuole trasformare in museo

Una mostra per raccontare il Boeri

di Redazione | 3 min

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Tresigallo. Una mostra fotografica dal titolo “La Colonia” per raccontare la storia dell’ex ospedale Boeri è stata presentata venerdì 20 presso il Calefo (ex Consorzio Agrario Lavorazione ed Esportazione Frutta e Ortaggi, ndr) in piazzale del Popolo. Curata da Mauro Merlanti che la presenta coadiuvato dalle letture di alcune testimonianze da parte di Roberta Brun, vede la partecipazione di numerosi membri della popolazione oltre ad alcuni rappresentanti della giunta e dell’associazione Torri di Marmo che hanno promosso l’evento.

Sette sono i momenti principali individuati dall’autore della mostra per scandire le varie fasi che compongono la storia del Boeri e il primo “è una malattia infettiva, contagiosa nota fin dai tempi degli antichi egizi: la Tubercolosi”. È infatti noto, perlomeno agli abitanti della zona, che la prima funzione dell’ospedale fu proprio quella di “colonia post-sanatoriale” per malati di TBC e questa fu la sua funzione fin dalla costruzione (secondo momento) avvenuta nel biennio ’36-’38 e sollecitata da Edmondo Rossoni. Altro passaggio identificato da Merlanti è quello delle “Donne di Montecatone” infatti, “agli inizi del ’39, la Colonia accolse un numeroso gruppo di donne provenienti dall’Ospedale di Montecatone (Imola), in osservazione post-sanatoriale”.

Rimanendo ancora durante il ventennio la fase che probabilmente risulta più interessante è quella chiamata “I Ragazzi della IV sponda”, avevano tra i 5 e i 15 anni ed erano “figli di quei coloni che solo due anni prima erano stati inviati in Africa per attuare il piano di sviluppo agricolo”. Questi ragazzi e ragazze erano stati riportati in Italia nel ’41 con le navi che avevano trasportato in Libia i militari italiani. In particolare Merlanti riporta due testimonianze di quel periodo riprese da un libro della scrittrice Grazia Arnese Grimaldi e da una sua intervista nelle quali racconta la durezza e la difficoltà della vita in queste colonie nelle quali i ragazzi erano soggetti a una rigida disciplina militare.

Finita la guerra l’ospedale torna alla sua antica attività, quella sanatoriale mentre dal 1971 al 1990 passa sotto la competenza dell’università di Ferrara. È in questi anni che viene intitolato a Enzo Boeri, figlio del senatore liberale Giovanni Battista Boeri e Ufficiale di Marina che dopo l’armistizio entra nella resistenza.

Dagli anni ’90 in poi la storia è nota e vede un progressivo disimpegno dalla struttura fino alla totale chiusura del 2013. Nel febbraio 2018 è però stato reso noto un finanziamento di 1,5 milioni di euro da parte del Ministero dei Beni Culturale il cui titolare è figlio di un ex direttore dell’ospedale.

La mostra rimarrà in scena fino al 30 aprile e sarà aperta tutti i giorni dalle 16 alle 19 tranne durante i giorni festivi.

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