Cronaca
18 Aprile 2018
Agli sgoccioli il processo per la bancarotta della coop di Filo di Argenta. Chieste condanne per tutti gli imputati tranne che per il prestanome Fossati

Crac Cmr, chiesti sei anni di reclusione per l’ex dg Caravita

di Daniele Oppo | 3 min

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Argenta. Sei anni di reclusione. Questa la richiesta di pena da parte del pubblico ministero per Pier Bruno Caravita, ex direttore generale della Cmr, nel processo per il crac della cooperativa di Filo di Argenta che raccolse l’eredità della Coopcostruttori, fallendo nell’aprile 2011 con un buco da 40 milioni di euro.

Nell’udienza di mercoledì, in cui si è chiusa l’istruttoria, il collegio giudicante  – presidente Vartan Giacomelli e a latere Debora Landolfi e Sandra Lepore – ha respinto le eccezioni presentate dalla difese in merito al deposito documentale fatto dalle parti civili, tra cui alcune email estratte dai server della coop, ancora nella disponibilità della procedura fallimentare (che nel processo è parte civile tramite l’avvocato Eugenio Gallerani).

In due ore quasi precise di requisitoria, il pubblico ministero Isabella Cavallari – rifacendosi in buona misura al lavoro e alla memoria scritta dal pm che seguì tutto il caso, Nicola Proto – ha presentato le richieste di pena, chiedendo condanne per tutti gli imputati, accusati a vario titolo di aver concorso alla bancarotta di Cmr, tranne che per Carlo Fossati, che fu prestanome dell’imprenditore Paolo Conforti (Gruppo Nettuno) per l’acquisto del 60% delle quote di una controllata di Cmr, la Serco, a un prezzo ritenuto molto al di sotto del valore reale dalla procura. Per il pubblico ministero non è stata raggiunta la prova di un coinvolgimento di Fossati anche nelle vicende successive.

Nel dettaglio, per quanto riguarda gli altri imputati, la procura ha chiesto la condanna a 4 anni e 4 mesi per Conforti; 3 anni e 3 mesi per la moglie Maria Giulia Scozzoli (Marina Estate); 3 anni e 9 mesi per Gianni Fabbri (Ecis Coop); 3 anni e 2 mesi per Romolo Rago (Edilglobo) e 1 anno e 1 mese per Natalina Perri (Nova Edil) e Sabato Nocerino (Vega Coop).

A Caravita (difeso dall’avvocato Lorenzo Valgimigli), in breve, viene contestata la vendita di patrimoni, asset e partecipazioni azionarie che avrebbero sottratto beni agli organi del fallimento della Cmr. In particolare secondo la procura sarebbe stato venduto il 60% di Serco (a Conforti per il tramite di Fossati) a un prezzo non congruo, 12mila euro anziché una cifra compresa nella forbice tra 75mila e oltre 300mila euro a seconda delle stime. “Caravita – ha affermato il pubblico ministero, calcando sulla rilevanza morale oltre che giuridica delle contestazioni – era il dominus della Cmr ma non era la sua società, era una cooperativa. Sta portando via [con le operazioni per cui è imputato, ndr] beni che non sono mai stati nemmeno lontanamente suoi, distraendoli e portandoli verso altri”.

Al centro della vicenda anche le operazioni immobiliari – che coinvolgono gli altri imputati oltre a Caravita e Conforti – per la costruzione del centro commerciale Porta Malatestiana e, soprattutto, quelle a Marinara di Ravenna, in particolare l’hotel Holiday Inn: qui la Cmr vantava un credito ci circa 6 milioni verso la società Ecis e aveva accettato come modalità di pagamento la cessione di un credito di 7,2 milioni che Ecis vantava a sua volta nei confronti di Arca, azienda che aveva appaltato la realizzazione dell’Holiday Inn proprio a Ecis e da questa subappaltata a Cmr, ma così Cmr avrebbe rinunciato al credito nei confronto di Ecis diventando creditrice di Arca, che si era già rivelata inadempiente.

La prossima udienza sarà il 9 maggio, con le arringhe dei legali delle parti civili (Cmr e Serco) e l’inizio di quelle difensive. Poi di nuovo in aula il 15 e il 16 maggio.

Per il crac durante l’udienza preliminare il presidente di Cmr e il suo vice, Giorgio Camilletti e Lauro Capisani, patteggiarono rispettivamente di 1 anno e 6 mesi e 2 anni e 4 mesi. I due imprenditori che avevano scelto il rito abbreviato – Piero Cecchini (Idrotermica ed Estate Immobiliare) e Attilio Gardelli (Generali investimenti) – vennero condannati rispettivamente a 5 mesi e 10 giorni (convertiti in 40mila euro di pena pecuniaria) e 1 anno e 4 mesi.

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