La sfida di Paolo Vezzani, 530 km in carrozzina fino a Monaco
Il ferrarese è partito il giorno di Pasqua, dove “mi hanno salvato la vita due volte”
di Pietro Perelli
Bologna Monaco, 530 km a bordo della sua carrozzina con ruota servoassisstita. È questa la sfida intrapresa da Paolo Vezzani che, accompagnato da Roberto Gelosa pilota campione della 24 ore di Le Mans, Silvio dell’Oro e il fisioterapista Andrea Rizzardi, sta tentando di realizzare in cinque giorni.
“La sfida – spiega Vezzani a Estense.com – nasce come una solitaria perché è la malattia che ti porta ad essere solo. Io non sono un atleta paralimpico come Alex Zanardi o Bebe Vio, mi reputo più come un Giovanni Soldini”. Più di cento chilometri al giorno per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a due temi fondamentali: la ricerca scientifica e le barriere architettoniche.
La partenza è stata la domenica di Pasqua dall’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna dove Vezzani ha subito le due operazioni che gli hanno salvato la vita. Durante la seconda i medici hanno dovuto amputare gamba ed emibacino ma Paolo non si è abbattuto. Ha continuato a lottare e ora affronta la vita con la forza e la vitalità di sempre. Lo si capisce dalle sue parola quando racconta che la sua impresa non la fa per se stesso ma vuole essere “un grido per aiutare coloro i quali si trovano ad affrontare queste difficoltà. Voglio potare gli ultimi insieme a me, per dare una speranza a quelle famiglie che si sono trovate con un membro disabile e gli è caduto il mondo addosso perché per lo Stato sei un peso e nessuno ti da l’opportunità di un’esperienza lavorativa. C’è un mondo oscuro che ha bisogno di chiarezza e io cerco di eliminare un po’ di fumo portando la voce dei disabili che hanno il diritto di essere ascoltati”.
Durante il viaggio Paolo toccherà Italia, Austria e Germania e attraverso il suo profilo Facebook e il suo blog racconterà la sua esperienza cercando di “sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alle differenze di che ci sono in questi tre paesi. Il mondo infatti è fatto da normodotati e non da disabili per cui mi piacerebbe provare a mostrarlo da un’altra prospettiva, da una carrozzina”. Specialmente durante il tragitto italiano in particolare l’itinerario è in buona parte sprovvisto di piste ciclabili ed è proprio per questo che a seguirlo ci sarà un pulmino con a bordo lo staff e al suo lato, in sella ad una bici, Roberto Gelosa.
Anche questo è uno dei sintomi delle difficoltà che può avere un disabile, non tutti hanno la “fortuna di vivere a lato del Po” dove Paolo ha avuto l’opportunità di allenarsi sfruttando l’argine. “Mancano strutture e mezzi ma vorrei mostrare che anche senza un arto la vita prosegue e che se non si ha la possibilità di acquistare una handbike, che ha costi enormi, è possibile fare molte cose anche con una carrozzina con ruota servo-assistita con costi molto più contenuti”.
Come detto, un’altra grande lotta di Vezzani è quella per la ricerca. Nel 2016 fonda con il prof. Davide Maria Donati e il dott. Massimiliano De Paolis, i medici che lo hanno curato, l’Associazione Ricerca e Cura dei Sarcomi (Arcs). Uno dei propositi di questo viaggi è infatti anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica alla ricerca che “se fatta con associazioni e onlus serie porta grandi benefici alla comunità”. “Io – continua Paolo – senza la ricerca non sarei sopravvissuto a due tumori”.
L’arrivo previsto per il 5 aprile potrebbe essere solo la chiusura del primo grande test che nel 2020 lo porterà fino a Capo Nord.