Riva del Po
9 Gennaio 2018
Deve rispondere del furto delle antiche medaglie, non delle altre opere trafugate dalla villa di Ro

Furto in casa Sgarbi, l’ex custode indagato solo per le monete

di Redazione | 2 min

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Vittorio Sgarbi accusa l’ex custode di aver rubato opere d’arte per mezzo milione di euro, lui si difende (“non sono un ladro”) e minaccia querele. In mezzo c’è l’avviso di conclusioni indagini in cui il nome dell’indagato compare ‘solo’ per il furto delle monete. Cristian, l’ex custode della casa museo di Ro della famiglia Sgarbi, è quindi accusato della sparizione di due medaglie di Tommaso Ferroni e non dell’intero parco opere trafugato.

Le indagini erano inizialmente partite a carico di ignoti – su denuncia dello stesso critico d’arte, presentata a gennaio 2016 – per individuare il responsabile della scomparsa del prezioso disegno a carboncino e gessetto di Giovanni Battista Piazzetta, raffigurante un san Giuseppe con Gesù Bambino, un manoscritto e un taccuino di Felice Giani con oltre 140 disegni e due libri antichi di Paolo Mino e Benvenuto Cellini.

L’attività investigativa si era concentrata sulle monete, donate da un’amica di Sgarbi che ha poi visto il suo regalo in vendita su eBay. Dopo un anno, durante un incontro a villa Sgarbi, l’amica ha confidato al critico d’arte di aver scoperto l’annuncio online. Di conseguenza era partito il censimento delle opere, in cui mancavano all’appello quadri, manoscritti e libri.

Attraverso la vendita su eBay – definita un “autogol” da Sgarbi – i carabinieri sarebbero riusciti a risalire all’autore, concludendo l’indagine contro l’ex custode, denunciato lo scorso 12 luglio dal Norm di Copparo e dalla stazione di Ro. “Il mio cliente è indagato per il furto delle medaglie, ma non vi è traccia della sua responsabilità penale per gli altri furti denunciati” conferma l’avvocato Enrico Segala, contattato da Estense.com per fare chiarezza sugli oggetti spariti dalla villa.

La procura ha chiesto il rinvio a giudizio ma non è stata ancora fissata l’udienza davanti al giudice per le indagini preliminari, che ora ha in mano il fascicolo. “Andremo a giudizio per provare l’innocenza del nostro assistito” assicura il legale difensore.

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