Riva del Po
6 Gennaio 2018
“Se mi autorizza a rendere pubbliche le documentazioni, saranno i lettori a decidere ove risiede la verità”

Furto in casa Sgarbi. Parla l’ex custode e minaccia querele

di Redazione | 3 min

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“Se mi autorizza per iscritto a rendere pubbliche le documentazioni, queste potranno confermare quanto da me riferito e saranno i lettori a decidere ove risiede la verità. Sono le parole che Cristian, l’ex custode della casa museo di Ro della famiglia Sgarbi, affida a Estense.com per replicare a Vittorio Sgarbi.

Il critico d’arte ferrarese, in una recente intervista al Corriere della Sera, ha affermato di conoscerlo di sfuggita: “A volte quando mi materializzavo a notte fonda nella mia casa di Ro lo incrociavo e lo salutavo. Nulla di più. Non ho nemmeno il suo numero di cellulare, altrimenti lo andrei a menare”.

E Sgarbi lo vorrebbe menare perché lo ritiene il responsabile del furto denunciato a gennaio 2016 dalla stessa famiglia Sgarbi, relativo ad ad alcune opere d’arte appartenenti alla collezione di famiglia, che vanta circa 3mila pezzi. Opere del valore complessivo di 500mila euro, alcune delle quali rivendute su E-bay. Un commercio on line che ha permesso ai carabinieri di risalire al presunto colpevole.

“Ho notato nelle risposte dell’intervista minacce e accuse pubbliche volte alla mia persona con riferimenti a fatti non veri” valuta Cristian, che ricorda al suo ex datore di lavoro di essere stato alle dipendenze della famiglia Sgarbi per otto anni. Durante i quali, continua rivolgendosi a Sgarbi, “ho assunto le mansioni di custode, autista dei suoi genitori che accompagnavo ai suoi eventi pubblici e a quelli di sua sorella Elisabetta, autista di innumerevoli ospiti che affollavano la casa di Ro Ferrarese in molte occasioni quali ricorrenze e festività. In queste occasioni ricordo le giornate passate con lei, la sua famiglia e i vari collaboratori”.

L’ex custode aggiunge poi “tutto l’ausilio da me offerto circa le comunicazioni telefoniche, le mail, i messaggi inviati dalla mia utenza alla sua al fine di comunicarle telefonate che provenivano al numero di casa oppure tutte le volte che telefonava a casa allo scopo di dirmi di registrare le sue apparizioni televisive”.

Nonostante tutti questi trascorsi, “lei afferma di non conoscermi nemmeno. Tralasciando momentaneamente la pubblica minaccia «non ho nemmeno il suo numero di cellulare altrimenti lo andrei a menare», le ricordo che il mio numero di cellulare ce l’ha eccome, è sempre quello da anni”.

Cristian si difende inoltre dall’accusa di furto, sostenendo che “tutti potevano accedere alle opere e potevano farlo molto liberamente. Le opere – lo sa meglio di me – sono sparse in tutte le stanze della casa compresi i bagni, la zona notte, le camere superiori. Qui risiedevano gli ospiti e collaboratori esterni e, da queste camere, le stanze ove erano custodite le opere erano liberamente accessibili”.

L’uomo afferma anche che dall’avviso di conclusioni indagini, già notificato al suo avvocato, “non traspare alcuna mia penale responsabilità per i furti da lei denunciati”.

Quanto al licenziamento, “è opportuno precisare che non mi sono licenziato. Ho ricevuto comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro dal curatore fallimentare che segue il fallimento della società Aretè, per la quale io lavoravo”.

L’ex custode muove quindi nei confronti di Sgarbi “il rimprovero di avermi trattato pubblicamente come un ladro e impostore nonostante tutti i mesi di lavoro che ho dedicato a lei, alla sua attività, alla sua famiglia. Detto questo professore, mi autorizzi quanto richiesto in premessa (a pubblicare la documentazione che sarebbe in suo possesso, ndr)”.

“Non vorrei che questa storia – conclude – fosse un tentativo maldestro a mie spese di campagna elettorale. Qualora le cose fossero così, sappia che non ho nessuna volontà di passare e far passare ai miei famigliari altri giorni come quelli precedenti vissuti tra maldicenza e diffamazioni pubbliche. Mi riserverò pertanto, in assenza di scuse e/o di reiterazione di simili comportamenti, di adire le opportune sedi legali per tutelarmi in tal senso”.

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