Bondeno
23 Dicembre 2017
L'istigazione c'era, l'accordo anche, ma non rispettato dall'esecutore e dunque non c'è reato. Ma per Mauro Fabbri scatterà la misura di sicurezza quando uscirà dal carcere

Assoldò un compagno di carcere per uccidere la ex, assolto

di Daniele Oppo | 2 min

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L’istigazione c’era, l’accordo anche, ma non rispettato dall’esecutore. Dunque nessun reato è configurabile. Per questo Mauro Fabbri, 56 anni, di Bondeno, accusato di aver assoldato un sicario per uccidere la sua ex, una donna di 61 anni è stato assolto dal gup Monica Bighetti a conclusione del rito abbreviato.

A suo carico però è stata imposta una misura di sicurezza, quella della libertà vigilata quando uscirà dal carcere, dove si trova per scontare una condanna per tentato omicidio, sempre contro la ex compagna, datato 2010.

Con Fabbri è stato assolto anche l’altro imputato,  Stanev Radostin Radev (difeso dall’avvocato Melissa Romani), 23 anni, che, insieme al padre – compagno di carcere di Fabbri e colui che si accordò materialmente – avrebbe dovuto compiere l’assassinio su commissione. Nessuno dei due supposti ‘sicari’ aveva in realtà intenzione di compiere alcunché – o, almeno, non è stato provato -, ma approfittarono dell’urgenza di Fabbri per farsi consegnare il pagamento anticipato: soldi e un trattore.

Ha prevalso insomma l’impostazione difensiva avanzata dagli avvocati di Fabbri, Dario Bolognesi e Marcello Rambaldi, che nella scorsa udienza, quando il pm chiese una condanna a 12 anni di reclusione, chiesero l’assoluzione proprio perché in presenza del solo accordo non è configurabile il tentativo di uccidere la donna e, dunque, l’esistenza di un reato. “Nell’assolvere gli imputati – affermano con soddisfazione gli avvocati Bolognesi e Rambaldi – il tribunale ha correttamente applicato quanto previsto dal codice penale in tema di tentativo. Era inverosimile ipotizzare il tentativo in mancanza di qualsiasi atto esecutivo”.

La norma su cui si basa l’assoluzione è l’articolo 115 del codice penale che esplicitamente esclude che due o più persone possano essere condannate per il solo fatto che tra loro ci sia un accordo allo scopo di commettere un reato ma poi questo non venga commesso. L’ultimo comma però stabilisce che se si è trattato di istigazione a commettere un reato, l’istigatore può essere sottoposto a misure di sicurezza, come è avvenuto in questo caso.

“È stato un processo molto tecnico basato sull’interpretazione delle norme – osservano i legali che rappresentano la vittima, costituitasi parte civile, Eugenio Gallerani e Giacomo Forlani -. La sentenza ha comunque dato atto, attraverso il richiamo all’articolo 115 del codice penale e l’applicazione di una misura di sicurezza, che Fabbri era intenzionato a uccidere la signora, pur trovandosi in carcere. La sentenza – proseguono i due avvocati – accerta che voleva commissionare all’esterno l’omicidio per non pagare i danni derivanti dal precedente processo. Una situazione gravissima, nella quale l’imputato voleva uccidere per denaro. Ora nessuno garantisce alla signora che Fabbri non lo rifaccia, è in una situazione di non protezione”.

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