Politica
22 Aprile 2017
L’ex presidente della camera: “Combatterlo è compito della politica, ma se si dimostra debole, il ruolo del giurista si rinnova importante”

Il terrorismo secondo Violante

di Redazione | 3 min

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La lotta al fenomeno del terrorismo non è mai finita. E, per certi versi, non si ha la certezza di quando sia effettivamente iniziata: di sicuro però “serve un’analisi a 360 gradi – asserisce il sindaco Tagliani – dallo storico al giudiziario, e non è mai troppo lo studio che si compie al riguardo, perché viviamo in un relativismo di giudizio che incide molto sulla difficoltà di scelte anche di carattere legislativo. Non è un retaggio culturale – prosegue il sindaco – prettamente accessorio, ma il continuo confronto è un momento significativo di continuo apprendimento”.

E’ su queste basi che Palazzo Bonacossi ha ospitato personaggi come l’ex presidente della camera dei deputati Luciano Violante, che, come altri studiosi, alla parola terrorismo associa subito le cosiddette leggi eccezionali “o di emergenza”, precisa il docente universitario Paolo Veronesi, che caratterizzarono gli ‘anni di Piombo’. Leggi contestate da molti e definite “l’anticamera dell’incombente autoritarismo”, su cui però Veronesi si interroga sul loro essere, per certi versi, “più garantiste rispetto a quelle di altri Paesi che ci hanno sempre fatto la morale”.

Di sicuro, quella della legislazione d’emergenza “è una tendenza italiana”, spiega il docente di diritto penale Donato Castronuovo; una tendenza legata a quella, sempre italiana, di “formalizzare e mettere tutto per iscritto”, secondo Violante. Infatti, la prima forma di legge eccezionale si può individuare all’epoca del regno borbonico, dove, per reprimere il brigantaggio e i camorristi, la legge Pica del 1863 attribuiva il giudizio al tribunale militare, prevedendo la fucilazione per coloro che avessero opposto resistenza, e i lavori forzati a chi non l’avesse opposta.

Si rinnovano gli ‘Anni di piombo’ quando si comincia a prevedere la diminuzione di pena per dissociazione o collaborazione, cosa che, d’altro canto intensifica la complessità del fenomeno terroristico, per cui si assiste ad episodi preoccupanti come “quell’imputato per il terrorismo di Brescia che fu messo in carcere dove poi venne  strangolato. Il diritto penale – prosegue Violante – è assolutamente diverso per un Paese in cui è presente il terrorismo e uno dove non lo è. I reati terroristici sono a lunga preparazione e a breve esecuzione, e sono sempre all’interno di un progetto che continua nel tempo. Fanno parte dei cosiddetti ‘processi-inchiesta’, che non indagano cioè sul fatto (a differenza delle rapine, ndr) ma sul fenomeno, spesso di carattere internazionale”.

Il processo penale in questo caso, secondo Violante, non serve ad accertare la verità, ma la responsabilità; non quindi “ad arrestare il corrotto, ma a combattere il fenomeno, a perseguire questa finalità”. Un compito che “sarebbe tipico della politica, ma laddove questa si dimostra debole, il ruolo del giurista si rinnova importante”, tanto quanto quello del cittadino che, se spettatore, risulta, oltre che ininfluente, “un sovraccarico per le funzioni pubbliche”.

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