Economia e Lavoro
23 Dicembre 2016
Assemblea tesa in Fiera. Si guarda a ammortizzatori e incentivi per l’esodo volontario

Carife, tutto ma non 400 esuberi

di Marco Zavagli | 3 min

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Alessandro CastaldiTutto ma non 400 esuberi. Sarà una trattativa legata a ridurre il più possibile il sacrificio del pacchetto risorse umane quella che si apprestano a condurre i sindacati dei bancari sul caso Carife. L’offerta non vincolante formulata da Bper pone una condizione. Il taglio di quasi il 50 percento del personale. E l’assemblea dei dipendenti ne ha discusso per due ore e mezzo negli spazi dei padiglioni di Ferrara Fiere.

Il mandato ricevuto dalle segreterie nazionali e territoriali di Fiba, First Cils e Uilca parla di attivare tutto quanto è in loro potere per attenuare quello che si preannuncia un altro impatto sociale devastante per Ferrara e la sua provincia.

Martedì 27 i sindacati incontreranno ancora Nicastro. Il primo punto che faranno presente è l’impossibilità di dirimere la questione nei tempi auspicati dall’azienda: una settimana – per di più in pieno periodo di festività natalizie – è un obiettivo fuori portata.

I sindacati sono intenzionati invece a utilizzare il più possibile tutti i giorni che la normativa di riferimento prevede (50 giorni) per limare i tagli e capire la portata di ammortizzatori sociali da una parte e incentivi per l’esodo volontario dall’altra. Secondo Uilca però così si salverebbe solo un centinaio di dipendenti.

In assemblea si è fatto sentire anche chi chiedeva subito uno sciopero per rispondere muro contro muro alla ghigliottina dei 400 posti che rischiano di finire sull’altare della compravendita di Bper. Ipotesi scartata subito per ragioni pratiche: il contratto dei bancari, come detto, prevede un confronto di 50 giorni per trovare soluzioni prima di trattare sui licenziamenti collettivi. E in questo frangente una mossa unilaterale di una parte romperebbe il delicato equilibrio di questa speciale moratori. Trascorsi infruttuosamente i 50 giorni, eccone a disposizione altri 45 in sede sindacale e 35 in sede ministeriale. Ma, ça va sans dire, i sindacati sperano di arrivare prima a un punto di accordo.

Nel mentre devono faticare, e non poco, a mantenere calma un’assise che un eufemismo definirebbe vivace. “Dimezzare la forza lavoro di un istituto significa farlo morire” lamentava un dipendente. “E poi a fronte di cosa? solo di un’offerta non vincolante che tra l’altro nessuno ha visto. Non c’è un piano industriale, non c’è una prospettiva, non c’è nulla. Ci stanno chiedendo di fare un salto nel buio”.

E non manca, anzi abbonda, chi punta il dito contro gli ultimi tre anni e mezzo di cura di Bankitalia. “Se questi sono i risultati, non si capisce perche devono pagare i dipendenti che non hanno responsabilità per colpe manageriali”. Incertezza regna anche sui possibili paracadute. Il fondo nazionale di settore, di recente allungato da cinque a sette anni, prevede il ‘parcheggio’ del dipendente in esubero per gli anni necessari ad arrivare all’età pensionabile. Anche qui però è da verificare la capacità di cassa del fondo. Dettaglio non secondario.

E su tutto aleggia l’ombra di quel “grande gruppo bancario” il cui nome aleggia nella sala ma non è mai stato pronunciato. “Chi ci garantisce – altra voce di sportellista – che una volta che abbiamo fatto i sacrifici richiesti Bper sia ancora intenzionata a comprare? senza garanzie non c’è mai fine a peggio”.

La speranza è affidata alla trattativa, al termine della quale (i primi 50 giorni) non si escludono iniziative di protesta e di lotta. Altra priorità: avviare confronti con la filiera istituzionale. Soprattutto in Regione e nel governo. Perché la parola d’ordine è e rimane “tutto ma non 400 esuberi”.

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