Eventi e cultura
31 Ottobre 2016
Lo spettacolo in prima nazionale esclusiva per l'Italia sabato 29 ottobre ha colorato di musica e danza il Teatro Comunale

“Badke”, un temporale di gioco e potenza

di Redazione | 2 min

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(foto di Danny Willems)

(foto di Danny Willems)

di Carolina Fiorini

Un temporale di gioco e potenza. Si aprono a ventaglio le emozioni trasmesse dai ballerini di “Badke”, spettacolo in prima nazionale esclusiva per l’Italia che sabato 29 ottobre ha colorato di musica e danza il Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara.

Per il prestigioso palcoscenico ferrarese lo spettacolo belga-palestinese è stato il primo dei quattro appuntamenti teatrali inerenti al focus “Mediterraneo”: Israele, Palestina e Tunisia sono i tre Paesi ospiti della rassegna di Danza Contemporanea accomunati da culture e tradizioni antichissime e di estrema complessità.

Sotto l’esperta guida della coreografa belga Koen Augustijnen i dieci danzatori palestinesi – autodidatti e provenienti da diverse discipline – hanno dato vita ad uno spettacolo tribale in cui le danze popolari palestinesi si sono finemente intrecciate alla contemporaneità espressiva dei corpi, mossi dalla ricca fantasia di movimento. Ma, nel corso dell’abbondante ora di ballo, questo diviene man mano compulsivo e permeato da un’euforia quasi straziante, ricordando allo spettatore la realtà palestinese che i danzatori desiderano simboleggiare.

Ritmati dalle musiche di Naser Al-Faris – arrangiate da Sam Serruys – i performer si esibiscono in balli simmetrici e comunitari alternati dalla musica che sempre più si fa sincopata e catena per i danzatori, costretti al ballo. È una musica che, sul finale, tace all’improvviso quasi a ricordare il silenzio che segue la caduta delle bombe tra gli edifici delle città colpite dalla guerra.

All’improvviso buio, silenzio, immobilità. Gli attori si guardano, si cercano sul palco come per appurarsi che stiano tutti bene. Poi ricominciano lentamente a canticchiare, fischiettare e ballare sino a ritornare al centro della festa e del ballo sfrenato.

La musica, e il ballo, prendono così le sembianze di un’ancora di salvezza per il popolo palestinese, forse perché il ballo rende liberi, forse perché il ballo può ancora regalare lampi di felicità. O forse perché dove comincia la danza finisce il pensiero razionale, il pensiero chiuso in gabbia che costringe l’uomo all’oppressione ed alla costrizione.

In una stanza è un pensiero, in Palestina è la vita.

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