Attualità
18 Luglio 2016
La placida quotidianità della vita nizzarda continua come se nessun camion l’avesse stracciata interrompendola bruscamente

Nizza, il giorno dopo visto da un ferrarese

di Redazione | 2 min

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IMG_0154articolo e foto di Francesco Altavilla*

Liberté, Egalité, Fraternité. Il 14 luglio in Francia dal 1789 si celebra la vittoria di queste tre parole. L’anniversario della presa della Bastiglia, l’inizio della Rivoluzione. Duecentoventisette anni dopo, a Nizza, un Tir ha travolto e ucciso 84 persone, lasciandone ferite in condizioni gravi una cinquantina. Terrorismo, dicono. La Francia colpita, ancora una volta, nel momento più simbolico della comunità nazionale. Tante delle vittime erano sulla Promenade des anglais per vedere i fuochi d’artificio, molti erano bambini.

La sera del 14 luglio ero con due colleghi a Parigi, intento a concludere un reportage sulla situazione politica e sociale in Francia. Stavamo programmando la giornata successiva quando ecco arrivare la notizia da Nizza. La mattina successiva eravamo in macchina diretti verso la Costa Azzurra. Lungo il tragitto, ripetuti come una formula magica ad ogni pannello informativo, questi messaggi: “Liberté, Egalité, Fraternité. Solidaires avec Nice”. Avvicinandoci sempre più al luogo del massacro, chilometro dopo chilometro, pensavamo ad una mobilitazione simile a quella che ebbe luogo dopo gli attacchi di novembre a Parigi. Tutta la nazione stretta intorno alla città ferita, Nizza come Parigi ferma per un giorno a piangere i suoi morti, per poi riprendere la sua quotidianità.

Arrivati a Nizza l’impressione è stata assai differente. L’esercito aveva abbandonato il campo alle prime luci del mattino, i café e i ristoranti traboccavano di persone. La Promenade bloccata al traffico per un paio di chilometri. La placida quotidianità della vita nizzarda continuava come se nessun camion l’avesse stracciata interrompendola bruscamente.

Sul luogo della tragedia, due piccoli angoli in cui qualcuno aveva deposto pensieri scritti a penna, bandiere francesi, orsacchiotti, fiori e candele. Tutto intorno la commozione e il cordoglio di poche decine di persone, a loro volta circondate da giornalisti di tutto il mondo.

La domanda che con i miei colleghi Stefano Galimberti e Gianluca Durno ci siamo posti è stata: “Siamo di fronte alla reazione consapevole di una città che non vuol cedere alla paura o invece si tratta di una rimozione collettiva?”. Una risposta probabilmente non c’è e probabilmente sono vere entrambe le ipotesi. I tanti cartelli “Vive la France” lasciati dai passanti ci hanno fatto pensare ad una comunità che non vuol perdere la speranza.

Una comunità la cui fiducia, però, comincia a scricchiolare.

*Collaboratore di Estense.com e praticante con Magzine

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