Cronaca
13 Gennaio 2016
Carlini e Antonioli sono stati giudicati responsabili dell'infezione che causò la morte di una 71enne

Morte per legionella, condannati i due medici

di Redazione | 3 min

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25Aprile. “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”

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sant'annaCondannati a otto mesi di reclusione – con sospensione condizionale della pena e non menzione negli albi giudiziari – per la morte di una paziente dell’ospedale Sant’Anna, deceduta a 71 anni a causa di un’infezione di legionella contratta nell’ex nosocomio di corso Giovecca. Si chiude con una sentenza di colpevolezza, ma con il minimo della pena, il processo di primo grado che vedeva imputati i due medici ferraresi Ermes Carlini e Paola Antonioli.

Un processo che fin dalle prime udienze si è sviluppato attraverso un lungo e complesso dibattimento di fronte al giudice Franco Attinà: il tribunale ha dovuto infatti chiarire quali fossero le misure di prevenzione in vigore al Sant’Anna, oltre che accertare quale ceppo batterico fosse stato rilevato nel sangue della donna e le quantità riscontrate nelle acque dei rubinetti e dei sanitari dell’ex ospedale. Difficile infatti ricostruire con esattezza le circostanze della morte della 71enne che il 19 agosto del 2011 si fece ricoverare a Cento per una cardiopatia, per poi essere trasferita sette giorni dopo al Sant’Anna. La donna, secondo la procura, diede buoni segnali di miglioramento fino ai primi giorni di ottobre, quando cominciò ad accusare notevoli difficoltà respiratorie e fu trasferita nel reparto di rianimazione. Fino a quando pochi giorni dopo, il 7 ottobre, morì a causa di una grave tromboembolia.

A dare la svolta all’inchiesta, come ha confermato il pm Proto durante la propria requisitoria, sono state anche le indagini dell’avvocato di parte civile Alessandro Gabellone, legale dei familiari della vittima, il cui consulente tecnico ha confermato il ‘nesso causale’ tra la morte della donna e l’infezione di legionella riscontrata nel suo sangue in seguito al decesso. Per due motivi: innanzitutto perchè lo stesso reparto di medicina legale, all’insaputa della procura, inviò al ministero della salute un campione da analizzare per stabilire quale tipologia di legionella fosse stata contratta dalla donna. Ma anche per le tempistiche con cui avvennero i fatti: la 71enne infatti fu ricoverata per oltre un mese al Sant’Anna (dal 26 agosto al 7 ottobre) e secondo procura e parte civile i primi sintomi della legionella, nel caso fosse stata contratta all’esterno dell’ospedale, si sarebbero dovuti palesare assai prima. Un punto questo contrastato dagli avvocati dei due medici, Andrea Toschi e Andrea Marzola, i cui consulenti hanno sostenuto che il tempo di incubazione della legionella, almeno nella letteratura scientifica, può toccare anche i sei mesi.

Il giudice Attinà ha accolto solo in parte la richiesta della procura, che aveva proposto una condanna pari a un anno e mezzo per entrami gli imputati, infliggendo una pena di 8 mesi e il risarcimento del danno in sede civile. Un risarcimento che potrebbe già essere ‘coperto’ – ma per averne la certezza bisognerà attendere il nuovo procedimento – da quello versato pochi mesi fa dall’azienda ospedaliera ai familiari della 71enne, alla conclusione del primo processo civile.

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