Fu la nutrizione eccessiva per via venosa ad aggravare, forse in maniera irreversibile, le condizioni di salute di Marcella Vecchi, fino a portarla alla morte. Nel tribunale di Ferrara è stata discussa nei giorni scorsi in incidente probatorio la perizia medico-legale affidata a Lorenzo Varetto, specialista dell’Asl di Torino.
Secondo il perito la probabile causa del decesso va ricercata in una errata somministrazione della nutrizione parenterale, tramite flebo. Dosi troppo massicce sarebbero correlate all’Ards, la sindrome acuta da distress respiratorio che portò alla morte la paziente.
Marcella Vecchi, 71 anni, venne ricoverata il 24 luglio del 2013 al Sant’Anna di Cona per una occlusione intestinale, ma nel giro di breve tempo un aggravamento improvviso ne aveva compromesso l’attività respiratoria e aveva costretto lo staff medico a operarla d’urgenza il 7 agosto e a trasferirla il 10 dello stesso mese al reparto di terapia intensiva, dove si è spenta il primo di settembre. Di fronte alle cause incerte di quella morte i famigliari attivarono la magistratura che, dopo le prime indagini, iscrisse nel registro degli indagati 14 persone, tra medici dei reparti di chirurgia d’urgenza, anestesia e rianimazione, e due consulenti nefrologi e due infermieri.
Di fronte all’originaria incertezza sulle cause del decesso, l’avvocato Giovanni Trombini, legale di uno degli indagati (gli altri sono difesi dagli avvocati Domanico, Ciaccia, Costantino, Linguerri, Solinas, Trombini, Venturi – i familiari dell’anziana sono assistiti dall’avvocato Gabellone), avanzò la richiesta di una perizia, affidata dal gip a Varetto.
Secondo l’esperto la fase cruciale si verificò nel reparto di chirurgia d’urgenza, dove la Vecchi era ricoverata in attesa dell’operazione e veniva nutrita per via venosa. Il medico legale non è stato in grado però di affermare con certezza se l’Ards, la sindrome che le fu letale, potesse essere già presente in seguito alla perforazione intestinale che la costrinse al ricovero di luglio e, in caso affermativo, quanto possa aver influito. L’unica certezza quindi è l’eccessiva nutrizione parenterale, che potrebbe essere dovuta o a una colpa di un infermiere nell’impostare la pompa di infusione oppure in un malfunzionamento della stessa.
Alla luce di queste conclusioni, che sembrerebbero scagionare i medici indagati, il gip ha rinviato nei giorni scorsi gli atti alla procura per ulteriori valutazioni.
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