
(foto da wikipedia)
Ieri sera l’Ansa ha lanciato la notizia “datata” che vuole i quattro poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi in procinto di rientrare in servizio nel 2014. Questo dopo aver trascorso i sei mesi di carcere o domiciliari residuo dell’indulto e dopo i sei mesi di sospensione decisi dalla commissione disciplinare che inizieranno a decorrere dopo la detenzione. La notizia, “datata” perché già uscita più di un mese fa (vai all’articolo), solleva però un altro aspetto. Quello della posizione “equilibrista” del ministro dell’Interno.
Anna Maria Cancellieri ha più volte portato solidarietà alla famiglia Aldrovandi, annunciando a più riprese la volontà di non fare sconti ai quattro condannati in via definitiva (vai all’articolo). Ultima in ordine di tempo la dichiarazione rilasciata al Tg3: “La polizia nel suo corpo è democratica, naturalmente dovrà lottare perché le mele marce vadano via, ma la maggioranza è un corpo sano (vai all’articolo)”.
Eppure l’esito della Commissione disciplinare del Dipartimento della Pubblica Sicurezza è noto da tempo. E di conseguenza non si capisce come si possa ‘rimediare’ a un provvedimento che ha già sancito la sospensione e non la destituzione, come chiesto dalla famiglia. A livello amministrativo infatti la disciplinare non è appellabile. La decisione, quella della sospensione, è stata presa. Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri rimarranno nella Polizia. E il ministro dovrebbe saperlo.
La stessa Patrizia Moretti conferma a “Repubblica”che “sapevo già (della sospensione, ndr), qualcuno mi aveva informato di questa decisione. Ma non credo davvero che finirà così. Io spero, e ne ho motivo, che questi poliziotti non torneranno mai più in servizio. Ma se questo ritorno ci fosse davvero, se le promesse non fossero mantenute, cambierei radicalmente il mio atteggiamento. Stasera voglio continuare a credere nelle istituzioni e nelle dichiarazioni di chi ci ha espresso solidarietà”.
Si è conclusa intanto l’ispezione ministeriale sull’autorizzazione al sit-in del Coisp, la numero 338/A.4.2013 /Gab concessa dalla questura il 25 marzo. Nel mirino dei tre ispettori del Viminale sono finiti i passaggi che hanno portato all’escalation di mercoledì scorso, con l’intervento del sindaco Tagliani prima e di Patrizia Moretti con la foto del figlio morto poi.
Sempre su “Repubblica” si citano passaggi delle due pagine dell’autorizzazione, con le misure disposte per prevenire degenerazioni. A partire dalla vigilanza accentuata “nei luoghi dove si svolgeranno le iniziative per prevenire eventuali azioni illecite o dimostrative come affissioni di manifesti o imbrattamenti dei muri” per finire con l’ammonimento a dare “tempestiva comunicazione all’Ufficio di Gabinetto della Questura” per ogni novità di rilievo”. Dell’esito dell’ispezione si saprà a giugno, quando il ministero dovrebbe contemporaneamente far partire il ciclico ‘giro’ di questori a livello nazionale.
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