Porto Garibaldi. Forzarono la porta d’ingresso e andarono dritto verso la stanza da letto. Conoscevano bene l’appartamento che avevano deciso di svaligiare. La proprietaria di casa, Rina Guidi, 77 anni, era stata la suocera di una di loro. In tre pagine la procura ripercorre tutte le tappe che portarono all’assassinio di Rina Guidi, l’anziana trovata morta nella sua casa di via Cacciatori delle Alpi, al civico 23, la notte tra il 12 e il 13 settembre (vai all’articolo).
Il pm Barbara Cavallo ha chiuso le indagini che vedono indagate tre persone per l’omicidio della 77enne, compiuto probabilmente involontariamente allo scopo di rubarle 8.300 euro. A tanto ammontava il valore dei gioielli che l’anziana padrona di casa teneva in cassaforte.
La ricostruzione che la procura offre di quelle tragiche ore è ricca di dettagli e ripercorre come in un film la tragica azione criminale consumata a Porto Garibaldi. Forzarono la porta d’ingresso e andarono dritto verso la stanza da letto. Conoscevano bene l’appartamento che avevano deciso di svaligiare. La proprietaria di casa, Rina Guidi, 77 anni, era stata la suocera di una di loro. Entrarono con i volti coperti da due maschere di carnevale e da un cappuccio.
Lei, l’ex nuora, Stefania Guidi Colombi, 43 anni, colse nel sonno la sua vittima. Dapprima – sempre seguendo il filo investigativo messo nero su bianco dal pubblico ministero – le spruzzò dello spray urticante sugli occhi, così da rendere impossibile il suo riconoscimento. Poi si mise sopra di lei immobilizzandola, mettendole una mano davanti alla bocca per impedirle di gridare, schiacciandole la testa sul materasso, picchiandola e, infine, imbavagliandola con del nastro adesivo. Sulla bocca, sugli occhi, attorno alle caviglie, alla testa e sulla schiena, dove aveva congiunto i polsi della donna. Tutto questo con l’aiuto del suo compagno, Filippo Milazzo, 54 anni.
Era lui, quella notte tra il 12 e il 13 settembre 2011, alla guida dell’auto. Era lui che riuscì a forzare la porta d’ingresso. Era sempre lui che, mentre Rina Guidi agonizzava immobile sul letto, cercava le chiavi della cassaforte. Ad aiutarlo, passo dopo passo, c’era il figlio Luigi, 22 anni, rintracciato a Genova (leggi).
Una volta scovato il bottino pensarono alle proprie quote. Al giovane Luigi spettarono 500 euro. Al padre e alla sua compagna i restanti 7800, ricavati dalla vendita dei preziosi a un mercatino dell’oro (sarà il passo falso che permetterà agli inquirenti di risalire a loro).
Loro fuggirono. In casa rimase la vittima. Che venne trovata morta dal figlio il giorno successivo. Il medico legale riscontrerà lesioni ed ecchimosi al volto, al torace, agli arti. Tanto che probabilmente perse conoscenza per colpa delle percosse. Lo stato in cui fu costretta, poi, inginocchiata per terra con il volto contro il materasso, legata e bendata con il nastro adesivo, le rese difficile – se non impossibile – la respirazione. Rina Guidi morì per “asfissia meccanica acuta in concomitante encefalopatia acuta post-traumatica”: soffocata e tramortita.
Luigi Milazzo si accorse che l’anziana era incosciente e ansimava vistosamente. Ma non se ne curò.
Tutti e tre sono accusati di omicidio e rapina aggravati dalla violenza esercitata e dalle condizioni della vittima, anziana e gravemente malata. A Filippo Milazzo è contestata anche la violazione della sorveglianza speciale.
Ora scattano i termini per l’esercizio dei primi atti difensivi degli indagati. Filippo e Luigi Milazzo (difesi rispettivamente dagli avvocati Alessandra Palma e Alex De Anna) e Stefania Guidi Colombi (avvocato Saverio Stano) potranno prendere visione delle accuse a loro carico e decidere se presentare memorie o chiedere di essere interrogati. Il tutto entro 20 giorni. Dopodiché il pm deciderà se chiedere al gip il rinvio a giudizio o il non luogo a procedere.

