È bufera sul “caso Anselmo”. Si aggiungono nuovi dettagli sulla vicenda nata da presunte intercettazioni abusive ai danni del noto avvocato penalista ferrarese (vai all’articolo), cui si legò successivamente un episodio che Anselmo decifrò come presunte minacce a suo carico in seguito a un incontro nell’ufficio del procuratore capo Minna (vai all’articolo).
Le relative indagini che la pm Angela Scorza, titolare del relativo fascicolo, portò avanti nei mesi successivi finirono con l’archiviazione da parte del tribunale di Ancona. Ora quegli atti sono arrivati nelle mani dei difensori degli imputati del processo Niagara, che difendono due carabinieri dei Noe di Bologna e un imprenditore (vai all’articolo); processo nel quale Anselmo è parte civile.
“Nel corso dell’anno 2010 – scrivono gli avvocati Marco Zanotti e Desi Bruno difensori del luogotenente Sergio Amatiello, Antonio Franchini difensore del luogotenente Vito Tufariello, Marco Caroppo e Mariano Rossetti, difensori di Marco Varsallona – e in particolare dalla fine di settembre fino ai primi di dicembre sono apparsi sui media le reiterate denunce di presunte intercettazioni abusive che l’avv. Fabio Anselmo sosteneva essere in atto sulle linee telefoniche del proprio studio legale e che collegava alla vicenda che vedeva imputati il luogotenente Amatiello, unitamente ai coimputati Lgt. Vito Tufariello e Marco Varsallona, dinnanzi al tribunale di Bologna per i reati di concussione e rivelazione del segreto d’ ufficio. In particolare si insinuava il dubbio, o in alcuni addirittura si affermava esplicitamente (nell’articolo di estense.com Anselmo precisava però di non voler assolutamente legare il fatto al caso Niagara: leggi http://www.estense.com/?p=89882), che fossero i predetti carabinieri allora in forza al Noe di Bologna ad intercettare abusivamente i telefoni dell’avvocato, che si è presentato alla stampa e all’opinione pubblica come preoccupato anche per la sua incolumità, anche a seguito di presunte minacce di cui sarebbe stato latore il Procuratore della Repubblica di Ferrara, vicenda che ha dato origine ad un autonomo procedimento presso la procura di Ancona”.
Gli avvocati fanno presente come nella propria richiesta di archiviazione il pm Paolo Gubinelli scrive che l’avv. Anselmo, “sulla base di personali convinzioni”, attribuiva le presunte ingerenze nella sua linea telefonica al personale del Noe di Bologna, ingerenze “peraltro escluse dagli accertamenti tecnici esperiti da personale di fiducia del legale, e dalla Polizia scientifica”.
Nessuna intercettazione abusiva quindi, secondo Ancona, ma nemmeno nessuna minaccia subita. Lo dice il gip di Ancona Carlo Cimini, che lo scorso 26 gennaio ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal pm Gubellini a proposito del procedimento a carico di Minna per presunte minacce.
“Lo stesso pm – sottolineano gli avvocati della difesa – afferma che il fatto che l’avv. Anselmo abbia collegato le frasi dette dal dott. Minna in occasione del loro incontro con altre intercettate in una conversazione fra i due sottoufficiali del Noe, peraltro in periodo assai risalente, sia solo “frutto di collegamenti e di elucubrazioni personali dell’avv. Anselmo”. Ma fin qui qualcuno lo ha scritto (leggi l’articolo) – prosegue il collegio difensivo- ; nessuno però ha dato notizia della circostanza che già in data 18 novembre 2010 era stata acquisita la prova dell’inesistenza di qualsivoglia traccia di intercettazione abusiva a carico dell’avv. Anselmo, con il deposito degli accertamenti svolti da Telecom e dalla polizia giudiziaria, senza che lo stesso né allora né successivamente abbia sentito la necessità di chiarire che ciò che aveva denunciato era privo di fondamento alcuno e lasciando che proseguisse la campagna oggettivamente diffamatoria nei confronti diappartenenti al Noe”.
Un “fatto gravissimo”, è il giudizio degli avvocati, che sventolano anche la nota – durissima – che la pm Angela Scorza della procura di Ferrara trasmette prima al procuratore capo di Ferrara e poi ad Ancona per competenza. In sei pagine il magistrato sottolinea che “nel corso delle indagini l’Avv. Anselmo si fa promotore di una intensa campagna massmediatica” e alla stampa e alla televisione “offre la sua personale visione dei fatti e si attribuisce la condizione di minacciato dai carabinieri del Noe”.
“Alla luce di tutto ciò – scrive la pm Scorza – si tratterà di verificare se i reiterati interventi mediatici e materiali esercitati dall’avv. Anselmo non configurino, seppure indirettamente, indebite pressioni sull’attività della Procura nonché tentativi indiretti di condizionare la direzione e i risultati delle indagini in corso”.
La pm indica un’altra circostanza “pericolosamente significativa”: il 19 novembre 2010 Anselmo si presenta in procura a Ferrara. Parla con la sovr. Margutti della polizia giudiziaria. Fa notare che il suo tecnico aveva rilevato la presenza di manomissioni sulle linee di rete e che una cassetta dell’impianto telefonico presentava segni di effrazione, “affermando con forza che tale circostanza doveva essere accolta dalle indagini della Procura”. La Margutti, sentita dalla Scorza, riferirà che “l’avv. Anselmo voleva avere informazioni sull’attività di indagine e sapere se l’esito degli accertamenti della Procura combaciavano con quelli del suo tecnico”.
“La circostanza è grave – commenta nella nota la Scorza – in quanto l’avvocato Anselmo non è un comune cittadino, estraneo alle regole della procedura, ma è uomo di legge e quindi sa benissimo che gli accertamenti investigativi sono coperti da segreto istruttorio fino al termine delle indagini”.
“L’auspicio – concludono a questo punto gli avvocati – è che tutti gli organi competenti svolgano ogni più opportuno accertamento affinché non si ripetano più vicende di tale gravità”.
Leggi la replica dell’avvocato Fabio Anselmo
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