È un Don Camillo sui generis il prete ferrarese entrato e uscito spesso negli ultimi anni dalle aule di giustizia. Dopo le vicende di debiti e pignoramenti e i guai con l’alta finanza, oltre agli scontro con curia e Santa Sede, monsignor Fernando Mariotti, 77 anni, è ora chiamato a difendersi dall’accusa di detenzione illegale di armi. I fatti risalgono all’11 ottobre 2009 quando nella sua abitazione di Ravalle, furono trovate due armi: una pistola Beretta, regolarmente denunciata ma custodita in luogo diverso da quello segnalato, e un fucile, del quale lo stesso imputato non sa indicare la provenienza.
Mariotti, monsignore con 50 anni di sacerdozio alle spalle ma anche senatore del Parlamento mondiale per la sicurezza e per la pace, archimandrita della Chiesa Melchita d’Oriente, ambasciatore della Santa Sede a Mogadiscio e presidente dell’Accademia Tiberina (queste le cariche di cui si fregiava) è difeso in giudizio dagli avvocati Colantoni e Bova.
Ieri davanti alla pm Elisa Bovi e al giudice Rizzieri sono stati sentiti come testimoni Roberto Marchetti, segretario dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, che in quei giorni aveva accompagnato due perpetue a fare le pulizie nella casa di Ravalle dove risiedeva il sacerdote. Lo trovò sotto il portico ad attenderli con una carabina ad aria compressa in mano. Una volta entrate, le donne trovarono delle armi.
È qui che entra in campo il maresciallo Luca Giannini, comandante della stazione dei carabinieri di Porotto, dal quale Marchetti si recò per denunciare le armi.
Si trattava di due coltelli, una carabina ad aria compressa, due scacciacani e soprattutto un fucile Flobert calibro 8 con 100 colpi, mai denunciato, e una pistola Beretta 6,5 che andava invece custodita in altro luogo.
Armi – in particolare il fucile – che “potrebbe non averle messe lì l’imputato”, ha fatto notare l’avvocato Bova, “dal momento che chiunque poteva entrare e uscire da quella abitazione”.
L’udienza è stata aggiornata al 25 maggio, quando si terranno discussione e sentenza.
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