Un’assoluzione e cinque condanne, con una forbice di pene che vanno da un minimo di 2 anni e 10 mesi a un massimo 4 anni. Sono le richieste che ieri (10 dicembre) mattina, davanti al collegio del tribunale di Ferrara, il pm Andrea Maggioni ha avanzato per i sei finiti alla sbarra nel processo per il presunto caso di sfruttamento di manodopera di lavoratori stranieri durante le operazioni di bonifica dal focolaio di aviaria all’Eurovo di Codigoro, iniziate il 5 ottobre 2018 con l’abbattimento e il successivo smaltimento di circa 8.500 polli che avevano contratto la malattia.
Tra gli imputati principali ci sono quelli che all’epoca dei fatti erano i vertici amministrativi e operativi della Cooperativa Agricola del Bidente, in provincia di Forlì-Cesena, vale a dire la 56enne Elisabetta Zani, ex presidente della cooperativa, oggi impiegata amministrativa, il 68enne Ido Bezzi, attuale presidente che a quel tempo svolgeva il ruolo di responsabile del cantiere, e il 48enne Gimmi Ravaglia, allora vicepresidente, l’unico per cui la Procura ha chiesto l’assoluzione, dal momento che, quando avvennero i fatti, rendendo dichiarazioni spontanee, disse di non essere operativo, né amministrativamente né in cantiere.
Secondo l’accusa, la cooperativa forlivese avrebbe ottenuto un appalto da cinque milioni di euro per avviare il cantiere, ma allo stesso tempo avrebbe poi concesso indebitamente in subappalto, senza aver mai chiesto né ottenuto l’autorizzazione dall’Ausl, come invece è previsto dalla legge, i lavori ad altre tre società cooperative – la Coop Work Alliance di Cesena, la Coop Agritalia di Verona e la Coop Veneto Service di San Bonifacio – che la Procura di Ferrara ha definito “spurie“, vale a dire quelle cooperative irregolari che sfruttano il modello cooperativo per scopi fraudolenti.
“Tra i documenti acquisiti dalla polizia giudiziaria presso l’Ausl non risultavano i contratti di subappalto” ha spiegato il pm nella requisitoria. L’Ausl aveva quindi segnalato l’anomalia alla Coop Bidente che, confermando l’esistenza dei subappalti con le altre tre cooperative, era stata invitata a trasmettere la relativa documentazione. I contratti erano poi arrivati nel marzo 2018. Si trattava però di documenti datati ai primi giorni dell’emergenza aviaria e, su questo punto, il pubblico ministero ha espresso dubbi sulla corrispondenza tra le date riportate e il momento in cui i contratti sarebbero stati effettivamente redatti.
Per Maggioni, comunque, l’Ausl “avrebbe potuto avrebbe potuto fare qualcosa in più in termini di controllo e di esecuzione del contratto”, anche se il contratto stesso prevedeva la possibilità di subappalto solo previa autorizzazione.
Tre i reati contestati a vario titolo alla cooperativa: il subappalto di pura ed esclusiva manodopera senza autorizzazione, la tentata truffa ai danni dell’Ausl e l’intermediazione illecita e lo sfruttamento della manodopera. Se per il primo è intervenuta la prescrizione, gli altri due restano in piedi. Di entrambi dovrà rispondere Zani, per cui la Procura di Ferrara ha chiesto una condanna a 2 anni e 10 mesi e una multa di 186mila euro. A Bezzi viene invece contestata unicamente l’intermediazione illecita e lo sfruttamento della manodopera, reato per cui rischia 4 anni e la stessa sanzione pecuniaria di 186mila euro.
“Ci sono tutti gli indici del caporalato, non ne manca uno” ha sottolineato Maggioni che, parlando delle condizioni igienico-sanitarie precarie dei lavoratori sfruttati, che già avevano denunciato dispositivi di protezione individuale insufficienti o del tutto assenti, ha fatto notare come gli operai che venivano mandati a lavorare nello stabilimento “non venivano sottoposti a visita medica, non venivano vaccinati, non ricevevano alcuna informazione sul lavoro da svolgere né formazione sui rischi dell’epidemia”. “Anche sulle protezioni – ha successivamente aggiunto – ne abbiamo sentite di tutti i colori: se andava bene, al primo ingresso gli davano la tuta nuova; gli stivali qualche volta sì e altre no; gli occhiali mai. Naturalmente non hanno nemmeno mai visto un euro di quella paga misera che era stata loro promessa”.
La posizione di Zani è più sfumata per quanto riguarda l’accusa di caporalato – per cui la richiesta è di ‘soli’ due mesi di pena – poiché, a differenza di Bezzi, non si è mai recata in cantiere e quindi “non avrebbe potuto vedere con i propri occhi le condizioni di lavoro dei migranti impiegati”, ha spiegato il pubblico ministero nella propria requisitoria. Tuttavia, dalle intercettazioni telefoniche “emerge chiaramente che fosse comunque a conoscenza di quanto era accaduto“, motivo per cui, secondo l’accusa, rimane la responsabilità penale e la necessità di una condanna.
A processo insieme al Cda della Coop Bidente compaiono anche i responsabili delle cooperative “spurie”: il 61enne Abderrahim El Absy della Coop Work Alliance di Cesena, il 63enne Ahmed El Alami della Coop Agritalia di Verona e il 59enne Lahcen Fanane della Coop Veneto Service di San Bonifacio. Per tutti e tre il pm ha chiesto 4 anni di condanna, con sanzioni pecuniarie di 65.500, 78.500 e 42.000 euro rispettivamente. Va inoltre sottolineato che per tutti i cinque è stato chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti.
“Il caporalato – ha riflettuto Maggioni – è un fenomeno invisibile, accettato e conveniente per la nostra società. Cosa ci vuole per togliersi le bende dagli occhi? Ci vuole il morto e, anche in questa vicenda, senza il morto, questa eradicazione di aviaria sarebbe stata perfetta sotto il profilo economico, gestionale, amministrativo e finanziario. Era stata precisa e puntuale. E invece è arrivato il morto”. Il riferimento è a uno dei due incidenti stradali mortali, da cui prese le mosse l’inchiesta. Il sinistro avvenne lungo l’autostrada A13, nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2017, quando un furgone su cui viaggiavano dodici cittadini di nazionalità straniera, di ritorno dall’impianto Eurovo di Codigoro, si ribaltò. Nello schianto perse la vita il 62enne marocchino Lahmar El Hassan, autista del veicolo, residente in provincia di Verona.
Da lì, l’avvio delle indagini della Procura di Ferrara condotte da Inail, Ispettorato del Lavoro e Guardia di Finanza fino alla scoperta di un presunto caso di caporalato nel Basso Ferrarese. In tutto 372 persone che, secondo la Procura, sarebbero state sfruttate: 131 persone reclutate dalla Coop Work Alliance, 157 dalla Coop Agritalia e 84 dalla Veneto Service. Trentanove di loro – durante l’attività investigativa – sono state rintracciate e ascoltate dal luogotenente Francesco Piagnolente in quella che il pm ha definito una “caccia agli invisibili”. Di queste, ventitré persone sono state ascoltate in udienza e hanno fornito, secondo il pm, “risposte chiare, univoche, precise e concordanti“. Maggioni ha sottolineato come ciò sia stata una risposta diretta “alla cialtronata” rappresentata dalla linea difensiva adottata da Zani e Bezzi che, nelle precedenti udienze, avevano liquidato le testimonianze delle presunte vittime definendole “tutte bufale“.
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