Si è chiusa con un patteggiamento a due anni – con pena sospesa – la vicenda giudiziaria a carico della 55enne Chiara Compagno, una delle due dottoresse – l’altra è la 67enne Marcella Gennari – finite a processo con le accuse, a vario titolo, di falso, truffa ai danni dello Stato, corruzione e peculato nell’inchiesta Red Pass coordinata dalla Procura di Ferrara e relativa alle finte vaccinazioni contro il Covid-19 per poter far ottenere ai loro pazienti il Green pass.
La decisione è arrivata nella tarda mattinata di giovedì 4 dicembre, quando la difesa della dottoressa – avvocati Marco Linguerri e Carlo Taormina – ha riproposto la richiesta di patteggiamento che già era stata avanzata, e poi respinta, in fase di indagini preliminari.
Dopo oltre un’ora di camera di consiglio, il collegio del tribunale di Ferrara ha accolto l’istanza, nonostante il mancato consenso del pm Ciro Alberto Savino, riconoscendo le attenuanti generiche e disponendo una provvisionale di 668 euro a favore dell’Azienda Usl, parte civile nel procedimento. Per Compagno è stata inoltre disposta l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e il divieto di contrarre rapporti con la pubblica amministrazione per lo stesso periodo.
Soddisfazione arriva dalla difesa della dottoressa, che – dopo la sentenza – commenta così il risultato ottenuto. “Siamo molto soddisfatti, posto che questa soluzione – afferma l’avvocato Marco Linguerri – era stata da noi auspicata fin dalla fase delle indagini e formalizzata per la prima volta nel corso dell’udienza preliminare. Il tribunale di Ferrara, con la sentenza di oggi, ha riconosciuto la fondatezza delle richieste difensive, riconoscendo alla dottoressa Compagno tutte le attenuanti da tempo invocate che, ritengo, possano e debbano finalmente consentire la ricollocazione di quegli eventi in un contesto più obiettivo e adeguato rispetto al quadro accusatorio tratteggiato dalla pubblica accusa”.
Così invece l’avvocato Carlo Taormina: “Si è conclusa sul nascere la posizione giudiziaria della dottoressa Chiara Compagno, accusata di non aver voluto vaccinare persone che, per le loro condizioni di salute, rischiassero quegli effetti avversi che la scienza medica e la ricerca scientifica avrebbero poi messo in evidenza, dovuti alla inoculazione del farmaco. Respingendo la richiesta del pubblico ministero, il tribunale di Ferrara ha riconosciuto la buona fede della professionista riservandole un trattamento che potrà approdare alla estinzione di tutti i reati contestati”.
“La dottoressa Compagno, rispetto alle certificazioni rilasciate in occasione delle vaccinazioni, si è difesa nel processo, richiamandosi alla sua prerogativa di medico – prosegue Taormina – sancita anche dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di stabilire se vi fosse o meno compatibilità e allegando lo stato di necessità di evitare pericoli per integrità dei pazienti. Il tribunale si è mosso anche all’insegna dei recenti casi giudiziari nei quali finalmente la magistratura, superando il macigno del Green Pass, che aveva di fatto introdotto la vaccinazione obbligatoria, ha assolto medici imputati di false certificazioni e ha ordinato la riassunzione in servizio di lavoratori che sulla base di quelle certificazioni erano stati licenziati”.
Resta invece a processo la 67enne Marcella Gennari, assistita dall’avvocato Alessandro Valenti. Con lei, nelle carte dell’indagine, c’era finita anche la figlia Francesca Ferretti, che – in udienza preliminare – aveva patteggiato un anno, undici mesi e venticinque giorni di pena.
Quattro le accuse con cui la Procura aveva portato Compagno e Gennari a processo. Il reato di peculato, secondo gli inquirenti, era stato commesso quando le due donne, una volta in possesso del vaccino fornito dall’Usl, lo avevano buttato via invece di iniettarlo ai pazienti. Invece, per ciò che riguarda la corruzione, secondo il castello accusatorio, le dottoresse avevano intascato denaro dai pazienti (20 o 50 euro a seconda dei casi) per fingere l’inoculazione del vaccino e far loro ottenere un Green Pass a fronte dell’attestazione di una dose mai somministrata.
L’accusa di truffa ai danni dello Stato riguardava poi i rimborsi previsti dall’Azienda Usl per i medici di base che eseguivano le vaccinazioni anti-Covid che, quindi, sarebbero stati percepiti indebitamente dalle dottoresse avendo loro attestato in maniera falsa di aver vaccinato i loro pazienti. Infine, il reato di falso si rifaceva al fatto che le professioniste avrebbero dichiarato inoculazioni, falsi tamponi o esenzioni fasulle, tutte attestazioni per poter riuscire a emettere il Green Pass.
La prossima udienza del processo in cui l’unica imputata ora è Marcella Gennari è fissata per il 29 maggio.
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