Bosco Mesola. Quanto ancora durerà la deroga per l’utilizzo in emergenza dei fumiganti contro i nematodi che colpiscono le principali orticole? Si tratta della domanda che i produttori di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara che conducono aziende vocate all’orticoltura si pongono ormai ogni anno, con il rischio che da una stagione all’altra le molecole vadano definitivamente fuorilegge.
Nel ferrarese i produttori orticoli sono costantemente in bilico, perché all’incertezza di potersi difendere dagli attacchi di nematodi, si aggiungono le incertezze climatiche e di mercato. A rischio c’è un indotto di colture specializzate che negli ultimi anni ha avuto alti e bassi ma ha tenuto. Attualmente nel ferrarese si coltivano circa 1600 ettari di carote, in decisa risalita rispetto al calo del 2023, mentre le superfici coltivate a patate erano nel 2024 attorno ai 1400 ettari, 200 in più rispetto agli anni precedenti. Un dato interessante che assegna a Ferrara il primato delle superfici investite detenuto solitamente da Bologna, dove però sono scese di quasi 500 ettari in tre anni, a causa probabilmente di uno sfruttamento intensivo dei terreni che ha portato a una forte presenza di elateridi, il cosiddetto “Ferretto”, capace di provocare cali produttivi anche del 70%. In questo contesto, dunque, occorre salvaguardare la produzione specializzata di orticole e gli investimenti delle aziende, come spiega Roberto Vecchiattini, produttore di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara, che nell’area di Mesola coltiva circa 55 ettari di orticole in società con il figlio, un giovane agricoltore.
“Come accade ormai per quasi tutte le colture anche l’orticoltura vive di incertezza, ma non tanto e non solo legata ai cambiamenti climatici: il problema più grande è la difesa dai nematodi e dalla cipollina selvatica, un’infestante che non solo compete con la carota per acqua e nutrienti impedendole di crescere, ma rende molto difficoltosa la raccolta. Come sappiamo, ormai da diversi anni, siamo in balia delle decisioni prese a livello europeo sulle molecole consentite e quelle ormai usate in deroga e non sappiamo se l’anno prossimo potremo difenderci ed avere una produttività adeguata. Peraltro, nel ferrarese stiamo lavorando, a mio avviso, molto bene anche evitare di impoverire i terreni e dare spazio a patogeni come il ferretto, attuando una rotazione di diverse colture: un’alternanza di carota, patata, bietolina da seme, cereali e anche un po’ di leguminose. Quindi credo che occorra trovare soluzioni efficaci prima di toglierci molecole che garantiscono un indotto economico non solo per le nostre aziende ma per l’intero territorio. Poi, certo, a incidere sulla redditualità ci sono i prezzi di mercato che in alcune annate faticano a coprire i costi di produzione, aumentati negli ultimi cinque anni di almeno il 20%. Basti pensare che attualmente per coltivare carote significa investire attorno ai 7mila euro a ettaro, mentre ne servono 12mila per la patata, considerando anche l’affitto dei terreni che sono alti perché naturalmente il terreno sabbioso è vocato all’orticoltura. Di conseguenza le carote dovrebbero avere un costo al chilo di almeno 30 centesimi e le patate di 45-50 per riuscire a fare reddito e reinvestire, cifre che non sempre corrispondono, purtroppo, alle quotazioni di mercato degli ultimi anni. Si tratta di problematiche serie, che rendono difficoltosa l’attività di aziende che, come la mia, hanno investito in attrezzature all’avanguardia e vogliono crescere. Investimenti che, senza fumiganti e senza molecole per contrastare efficacemente la cipollina selvatica, non credo continueremo a fare, come credo succederà in molte aziende di un territorio che verrebbe irrimediabilmente impoverito di un sistema colturale importante e di qualità”.
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