Via libera a Incarichi post-doc e Incarichi di ricerca. Dopo il voto alla Camera dei deputati di martedì 3 giugno, che ha convertito in legge il cd. “Decreto PNRR Scuola” o “Decreto Valditara” (DL 7 aprile 2025, n. 45), arrivano all’università due nuove forme contrattuali precarie, che – secondo i detrattori – ridurrebbero le tutele di ricercatori e ricercatrici e comprimono le condizioni contrattuali previste dal Contratto di ricerca (sostituto dell’Assegno di ricerca dal 2022,).
Il DL 7 aprile 2025, n. 45, convertito in legge, ha recuperato alcuni contenuti del Ddl 1240 Bernini sul pre-ruolo della carriera accademica nelle pieghe dell’emendamento Occhiuto-Cattaneo. “Uscito dalla porta, il Ddl Bernini è rientrato dalla finestra. Siamo molto preoccupate del rischio di moltiplicazione di contratti precari nella fase post-dottorale all’Università di Ferrara” afferma Sofia Gualandi, coordinatrice locale dell’Associazione Dottorandi e Dottori in Italia (Adi Ferrara).
Adi Nazionale ha analizzato l’emendamento Occhiuto-Cattaneo, assumendo una posizione nettamente contraria alla riforma. I nuovi Incarichi post-doc sono contratti di lavoro subordinato, a tempo determinato, della durata da 1 a 3 anni, riservati ai dottori di ricerca, con oneri didattici e di terza missione. I nuovi Incarichi di ricerca, rivolti ai laureati da non più di 6 anni, ripropongono invece sotto mentite spoglie i vecchi assegni di ricerca. I trattamenti economici di queste forme contrattuali sono definiti non dai contratti collettivi, com’è per il Contratto di ricerca, bensì per decreto.
La Flc-Cgil Nazionale ha sollevato, presso la Commissione Europea, due profili critici della riforma camuffata nell’emendamento Occhiuto-Cattaneo. L’esposto del sindacato del 29 maggio segnala il rischio di Reversal sulle riforme legate al PNRR e la violazione delle norme europee sul lavoro a termine. “In questo modo aumentano l’insicurezza del lavoro e la condizione di precarietà, per l’oggettivo sovrapporsi di posizioni con gli stessi sostanziali requisiti di accesso, ma diverse condizioni e livelli di tutela contrattuali” recita l’esposto di Flc-Cgil, che si accompagna di dati sconcertanti sul rapporto tra lavoratori precari e di ruolo nell’università pubblica a livello nazionale, che supera il 52%.
L’Università di Ferrara fa leggera eccezione, per il momento: il rapporto tra il personale precario (ricercatori a tempo determinato, assegnisti – ca. 200 persone) e il personale di ruolo (professori ordinari, associati, ricercatori – ca. 580 persone) supera di poco il 25%. Il dato va però incrementato dei 470 dottorandi e dottorande attualmente immatricolati a Unife, che vivono una condizione sospesa tra studenti e lavoratori precari, con borse di studio che non raggiungono i 1.200€/mese. Nei prossimi anni, per proseguire la carriera accademica nella nostra città, a questi professionisti verranno probabilmente proposti Incarichi post-doc e Incarichi di ricerca. ADI Ferrara, con il supporto delle forze politiche di opposizione in Consiglio comunale, si impegnerà a monitorare queste dinamiche e a limitare l’abuso di forme contrattuali, in favore del più tutelante Contratto di ricerca.
“Ai nostri giovani chiediamo eccellenza, innovazione, massima flessibilità. E in cambio? Offriamo loro contratti usa e getta, proprio negli anni in cui avrebbero più bisogno di stabilità. A Ferrara, come altrove, la precarietà non può essere la normalità. Siamo al fianco di chi difende il diritto a costruirsi un futuro nella ricerca senza dover pagare il prezzo dell’incertezza permanente” dichiarano Partito Democratico, M5S, La Comune di Ferrara e Civica Anselmo.
“Anche Adi Nazionale, dopo Flc, ha presentato un esposto alla Commissione europea contro la precarizzazione del personale ricercatore. È incoraggiante vedere questo allineamento tra le organizzazioni di rappresentanza, nonché il supporto politico a livello sia nazionale che locale” dichiara Sofia Gualandi (Adi Ferrara).
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