Attualità
26 Aprile 2025
Ottant'anni dalla Liberazione. In piazza Trento Trieste le celebrazioni del 25 aprile sotto il segno degli insegnamenti di Papa Francesco

Il dovere della memoria

di Redazione | 7 min

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di Tommaso Piacentini

Ottant’anni fa, il 25 aprile del 1945, le truppe della Germania nazista e le milizie di fascisti repubblichini si ritiravano dalle città di Torino e Milano. L’Italia usciva così dal buio della dittatura e, liberata dall’incubo del nazifascismo, si avviava verso un futuro di pace e di democrazia. Oggi, dopo otto decenni, quella stessa pace per cui un’intera generazione di giovani uomini e donne ha sacrificato il fiore dei propri anni, sembra essere appesa ad un filo.

A ricordarlo, in una piazza Trento e Trieste trapunta di strisce verdi, bianche e rosse, erano presenti tutte le autorità civili, militari e religiose, circondate dalla cittadinanza che ha voluto gridare – e non è retorica -, ora come ottant’anni fa, una frase che può sembrare lapalissiana, ma mai data per scontata: “Viva l’antifascismo”.

Alle 10 l’alzabandiera: un tricolore si è stagliato nel cielo addensato di nubi. È salito fino alla sommità del pennone ma poi ha cominciato la discesa: in quei secondi che la bandiera nazionale ha impiegato per raggiungere la metà dell’asta, il pensiero è volato verso Roma, verso un Papa venuto da lontano ma entrato nel cuore degli italiani e del mondo intero. Oggi non c’è spazio per le polemiche. Al cordoglio per Papa Francesco si è unito quello per i caduti per la libertà: il prefetto Massimo Marchesiello e il sindaco Alan Fabbri hanno reso così gli onori militari a tutti quei giovani a cui è stata negata la possibilità di vedere la patria libera e a cui è stato dedicato il sacrario di Torre della Vittoria.

Un’eredità, quella della loro lotta, di cui hanno potuto godere i loro figli e nipoti. Una nuova generazione, quella rappresentata da Martino Ravasio, presidente della consulta provinciale degli studenti, che prende in mano il testimone di questa eredità con la consapevolezza della sua importanza: “Prendere la parola oggi è per me motivo di grande onore e responsabilità. Lo faccio con il rispetto che si deve alla storia del nostro Paese e con il senso di responsabilità che deriva da rappresentare una generazione che vuole comprendere a pieno il proprio passato”.

Una storia che ha impressi nelle sue pagine episodi tragici che costituiscono ancora oggi delle ferite aperte, come ha riferito Ravasio: “Ci sono episodi che non possono essere ignorati. Ferrara, la nostra città, ne è testimone: dall’eccidio del Castello Estense e della Certosa alle violenze avvenute fino al 1945. È nostro dovere ricordare tutte le vittime innocenti, con equità e senza distinzioni, per costruire davvero una memoria collettiva che sia condivisa, autentica e onesta”.

La libertà di espressione è uno dei significati più profondi della liberazione – ha proseguito Ravasio -. Se oggi celebriamo questa conquista, dobbiamo anche impegnarci a difenderla ogni giorno a partire dalle nostre aule. La memoria deve appartenere a tutti e non avere aree grigie: cose che purtroppo abbiamo visto accadere anche nel nostro territorio, come il tragico eccidio dei fratelli Govoni”.

Infine, Ravasio ha riassunto il significato della Liberazione per le nuove generazioni: “Il 25 aprile non deve essere solo una celebrazione, ma un’opportunità per riflettere su cosa significhi davvero libertà. Per noi giovani questa libertà ha il volto della conoscenza, dello studio e della consapevolezza: solo conoscendo la storia nella sua interezza potremo contribuire a costruire una società davvero democratica”.

Al cordoglio del presidente degli studenti per la scomparsa del Santo Padre, poi, si è aggiunto quello di Fatma Carrara, vice presidente dell’Anmig, che lo ha ricordato come “un Papa innovatore e di speranza”. In seguito, Carrara ha proseguito il discorso sulle celebrazioni del 25 aprile, un discorso tratteggiato dalla parola “emozione”. Emozione per essere la “prima donna nella nostra città a ricevere l’incarico di parlare a nome delle associazioni combattentistiche e d’arma“, ma anche emozione per la recente scomparsa del marito nonché presidente onorario di Anmig, Giorgio Pancaldi, “che poteva essere l’oratore al mio posto”. Emozione perché “l’autentico momento che unisce è quello della difesa della Costituzione della nostra Repubblica, nata dalla liberazione della nostra Patria dall’occupazione nazista”.

Un’emozione che riserva una punta amara alle vicende geopolitiche dei nostri giorni: “Voglio ricordare quanto scriveva Tina Anselmi: la nostra storia ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile. Dovremmo riflettere sul fatto che la democrazia non consiste soltanto nelle libere elezioni, non è solo progresso economico. È giustizia, rispetto della dignità umana, dei diritti delle donne, è tranquillità per i vecchi, è speranza per i figli. È pace. Ma la pace non c’è”. Questa assenza di pace va preparata, secondo Carrara: “Amici ferraresi, il messaggio che vi voglio lasciare è quello di preparare la pace, costruendo tutti i giorni la concordia e la pace fra uomini e donne di buona volontà, un appello che rivolgo soprattutto ai giovani, costruttori e animatori di speranza”.

Pace. Una parola di cui Roberto Cassoli, presidente dell’Anpi, conosce bene il senso profondo, un senso che è stato il principio ispiratore della lotta partigiana: “Siamo qui, e riprendo le parole del nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a fare memoria dei milioni di cittadini assassinati da un regime sanguinario come quello nazista, che, con la complicità dei regimi fascisti europei, consegnarono i propri concittadini a carnefici. Contro quei regimi sanguinari, nascono i moti di popolo, la Resistenza, una rivolta morale di patrioti, di partigiani, per il riscatto nazionale”.

Una lotta che, come ha ricordato Cassoli, non va ridotta agli ultimi mesi di scontri del ’45, ma che va fatta risalire a “venticinque anni prima, fin da quando lo squadrismo fascista aveva iniziato per le vie d’Italia la caccia all’uomo” e che ha tramandato fin ai giorni nostri i nomi di chi vi si è opposto: “Don Minzoni, Matteotti, Amendola, Gobetti, i fratelli Rosselli, Antonio Gramsci e tanti altri che ricordiamo tra le molte lacrime sparse per la nostra città”. A coloro che hanno
fatto proprio il valore dell’accoglienza, anche a rischio della propria vita, si contrapponeva però, come ricordato da Cassoli, chi si voltava dall’altra parte e a cui il presidente Anpi ha riservato le parole di Liliana Segre: “L’indifferenza porta alla violenza e l’indifferenza è già violenza”.

Uno scenario che, nonostante possa apparire anacronistico, nella realtà odierna è amaramente attuale: “Papa Francesco diceva che la guerra è sempre una sconfitta, ovunque si combatte. Le guerre sono inutili, inconcludenti, porteranno solo morte e mai alla soluzione dei problemi, mentre la pace si costruisce facendo esperienza di incontro, dialogo e accoglienza”.

“Pace, libertà e democrazia sono possibili” ha dichiarato il presidente della provincia Daniele Garuti, riflettendo su come questi ottant’anni di libertà e pace siano un unicum nella storia europea e invitando a riflettere se “siamo consapevoli che libertà e pace non cadono dall’alto, ma richiedono il contributo di tutti noi quali costruttori di pace”. “Preferiamo limitarci a deprecare l’assurdità della guerra ed esaltare in modo ipocrita valori che in realtà non viviamo?” si è domandato il presidente della provincia, che ha poi concluso: “Il 25 aprile non è solo una giornata in cui ricordiamo, ma viviamo, mettiamo in pratica e tramandiamo alle nuove generazioni i valori nei quali diciamo di credere e di riconoscerci”.

Valori su cui ha invitato a riflettere anche il prefetto Massimo Marchesiello, che vede nell’ottantesimo anniversario della Liberazione “un’occasione per riflettere sul significato profondo di quella lotta e sulle responsabilità che ci consegna”. In conclusione, il prefetto ha esortato a “non restare indifferenti, a non considerare la libertà un diritto acquisito, portando avanti un senso di riflessione e di slancio verso un futuro in cui la pace e la solidarietà non siano solo degli ideali”.

“Una ricorrenza molto importante – ha dichiarato il vicesindaco Alessandro Balboni – legata anche a una sensibilità molto forte che Ferrara ha rispetto a questa data. La nostra città è medaglia d’argento per il valore civile mostrato durante la Resistenza e quindi l’ottantesimo anno dalla caduta del regime fascista è un momento importante di raccoglimento e per sviluppare una memoria collettiva”.

 

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