Politica
24 Marzo 2025
L’incontro di Ferrara Bene Comune dipinge la città estense come un’area in crisi. Calafà: “Maschere deformate dall’ideologia”

Ferrara chiusa per malattia. Patogeno? Il dup

di Redazione | 5 min

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di Tommaso Piacentini

“Come sta Ferrara?”. Ferrara Bene Comune ha riunito i propri iscritti venerdì (21 marzo) al centro sociale “Il Barco” per riflettere su questa domanda e a discutere nel merito sono state invitate la presidente del Cds Cinzia Bracci e la docente di diritto del lavoro dell’università di Verona Laura Calafà. Se la domanda alla base dell’incontro richiedeva di dipingere un quadro generale della città, ciò che meglio lo rappresenterebbe è il famoso quadro di Munch, L’urlo. L’associazione, infatti, non ci sta a rispondere positivamente, non ci sta a sottoscrivere un quadro clinico di una città in ottima salute. Ferrara è malata e, come ha dichiarato Laura Calafà, “se la domanda è ‘Come sta la nostra città?’ la risposta è ‘Siamo in un area marginale e in crisi’”.

È passato poco più di un mese dall’approvazione in commissione del dup e su questo documento si è concentrato il discorso delle due relatrici. In primis, Cinzia Bracci ha voluto sottolineare la disparità di vedute tra l’amministrazione locale e la Regione: “Il documento del Comune di Ferrara ha come incipit la frase ‘Troveremo una strada o ne costruiremo una’. Questa – ha sottolineato Bracci tra l’ilarità dei presenti – è una citazione da Annibale”. Diversamente, il programma di mandato del presidente de Pascale, termina – invece di iniziare – con la frase: “L’Emilia-Romagna è il luogo dove la consapevolezza della nostra identità ispira il futuro, dove il lavoro incontra il talento, dove la solidarietà è il motore per un nostro progresso condiviso”.

“Queste due frasi semplici, anche se entrambe retoriche, danno la dimensione della differenza di statura di questi documenti” ha dichiarato la presidente del Cds, che è poi passata ad analizzare più a fondo il documento unico di programmazione dell’amministrazione Fabbri: “Nelle più di trecento pagine del dup non si trova mai la parola immigrato, mentre la parola partecipazione è presente ma non è il fulcro dell’attività dell’amministrazione”.

Bracci ha in seguito sollevato i principali “problemi di salute” della nostra città, a partire dalla questione demografica: “L’età media sta aumentando e ciò significa essere più conservatori, perché non c’è più la spinta innovativa dei giovani” ha sottolineato Bracci, che ha poi proseguito: “Nel dup si prende atto di questo invecchiamento demografico e si risponde che ‘Questo ci porterà difficoltà di tenuta economica e sociale’. Si dice che le donne non fanno più figli: un dato oggettivo ma che va affrontato con azioni concrete. Non viene infatti affrontato come aumentare il numero di abitanti”.

“Il dato demografico – ha proseguito la presidente del Cds – si compone di quattro elementi: quanti nascono e quanti muoiono, quanti arrivano e quanti se ne vanno. Se i primi due elementi danno dati drammatici, i secondi danno un saldo leggermente positivo. Il dato dei ferraresi che vanno via dalla nostra città è legato alla qualità occupazionale: sono molti i giovani che se ne vanno e questo è un tema che andrebbe affrontato. Ma soprattutto non viene affrontato un tema di accoglienza su chi dovrebbe arrivare qui”.

A proposito dell’immigrazione, Bracci ha analizzato i motivi per cui un immigrato dovrebbe stabilirsi a Ferrara e ne ha elencati due principali: il lavoro e la casa. “Senza immigrati a Ferrara, infatti, non ci sarebbe l’agricoltura” ha dichiarato Bracci, che ha poi aggiunto: “Noi abbiamo bisogno di immigrati, perché tra oggi e il 2030 i dati istat dicono che la popolazione che calerà in modo più drammatico sarà quella in età lavorativa – ovvero tra i 40 e i 60 anni -. Nella provincia di Ferrara si prevede che la popolazione tra i 40 e i 50 anni calerà del 20% e la popolazione tra i 50 e 60 anni del 15%”.

Dall’altra parte il tema della casa che riguarda anche i 30mila studenti universitari che cercano un alloggio nella nostra città: “Da una parte abbiamo un incremento degli affitti brevi dovuti all’aumento del turismo che, tuttavia, diminuiscono il numero delle case disponibili. Dall’altra si calcola che nella provincia di Ferrara ci sono circa 40mila alloggi vuoti. Su questo il Comune e la Provincia dovrebbero riflettere”.

Critiche al dup vengono anche da Laura Calafà, in primis per quanto riguarda la questione giovanile: “Il gruppo dei giovani che rifà i tempi lo fa mettendosi al servizio della comunità. C’è il giovane che prevale sulla persona anziana, ma c’è anche l’idea di ripensarsi continuamente per mettersi al servizio di qualcosa di più alto”. “Nel dup – ha sottolineato Calafà – manca il senso della comunità: manca l’idea di essere al servizio di un bene più alto e leggendolo ho avuto un’impressione di aridità, di un’aria tutta ideologica, burocratica e chiusa”.

La partecipazione, principio alla base della democrazia, è stato enfatizzato dalla docente universitaria, la quale ha evidenziato come “nel dup la partecipazione è intesa come partecipata pubblica”.

Un ulteriore problema di salute della malata Ferrara è quello della collettività: “La coesione territoriale delle frazioni – ha dichiarato Calafà – è un disegno ambizioso, ma nei documenti non ci sono le persone. Non si evocano mai le collettività e gli immigrati sono inesistenti, così come l’università”.
Sul tema universitario Calafà, esperta del settore, si è soffermata in più punti del suo discorso: “Unife compare solo se a medicina il numero si supera, ma l’università non è solo medicina. La natura di Ferrara è in transizione: nasce come città agricola, diventa città industriale e poi città fortemente terziarizzata, ma non arriva mai ad essere una città universitaria”.

Il modello a cui dovrebbe ispirarsi la nostra città, secondo la docente, è quello adottato dalla città di Trento degli hub and spoke: “Il modello prevede gruppi e luoghi collettivi in cui si convive svolgendo diverse attività. A Trento ogni angolo e negozio vecchio è diventato sala studio in cui studenti entrano ed escono”.

Calafà ha poi ricordato il maggiore problema della città: “Viene posta l’attenzione sulla crisi conclamata quando in realtà si dovrebbe pensare preventivamente. Si decide di affrontare la questione quando i licenziamenti sono già in atto, quando il ragionamento sulla crisi andrebbe fatto prima con progetti speciali”.

In conclusione, la docente universitaria ha parlato del dovere dell’associazione Ferrara Bene Comune, un dovere che si inserisce in una città che non solo è malata, ma è anche composta da “maschere deformate dall’ideologia”: “Quello che mi aspetto è di lavorare allo smascheramento”.

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