Aveva già patteggiato la pena per l’accusa di maltrattamenti. Ora rischiava anche la condanna per violenza sessuale nei confronti della moglie. Una violenza, però, che secondo il giudice collegiale non è mai avvenuta.
È stato assolto perchè il fatto non sussiste, così come aveva chiesto anche la pubblica accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Andrea Maggioni.
La storia processuale dell’imputato, 37 anni, nasceva da accuse di maltrattamenti e lesioni, per le quali aveva già patteggiato in precedenza. Maltrattamenti e lesioni ai danni dell’ex moglie, madre dei suoi due figli, che non vede da circa due anni. Da quando il tribunale civile ha deciso per l’affidamento in via esclusiva alla donna.
La loro storia iniziò nel 2010. Dopo un anno iniziò la convivenza. Dopo qualche anno arrivarono due figli. Ma lui – aveva raccontato la donna in tribunale – la picchiava sempre. Una volta le avrebbe messo anche le mani al collo e in due occasioni l’avrebbe inoltre colpita con un pugno in faccia, costringendola a una vita da semi reclusa. Secondo la versione della parte offesa, poi, lui non avrebbe voluto neanche che andasse a lavorare. Era anche diventato il ‘tutore’ del suo telefono per controllare la sua vita privata: rispondeva lui alle chiamate dei parenti di lei e, a suo gradimento, sceglieva se passare la chiamata o i messaggi oppure no.
Poi l’ennesimo litigio pesante, la notte del 7 luglio del 2021, tanto da spingerla, il giorno seguente, ad andarsene di casa.
Nel corso del processo per maltrattamenti, mentre veniva sentita in aula nel febbraio del 2023, la vittima affermò di essere stata anche violentata dall’allora marito. Dichiarazioni confermate successivamente anche da una teste della parte civile.
Da lì, su input del pm, la seconda e separata incriminazione. Un’accusa che però non ha retto alla prova dei fatti. Tanto che il pm ha parlato di “deposizione imbarazzante” riferendosi alle dichiarazioni della teste e di “nulla” quanto a quelle della parte offese che, a suo modo di vedere, avrebbe “riletto nella mente alcune situazioni per reinterpretarle in modo cattivo”.
Proprio per questo secondo il pm le dichiarazioni della parte offesa e dell’amica “meriterebbero uno scrutinio per quanto riguarda la possibili5tà di accusarle di diffamazione o calunnia”.
Considerazioni alle quali si associa la difesa, mentre la parte civile chiedeva la condanna affermando che l’unico motivo per cui la sua assistita non aveva denunciato prima gli abusi era lo stato in cui si trovava: uno stato d’animo fatto di “paura, timore, vergogna e terrore che potesse succedere qualcosa ai suoi figli”.
Al termine della discussione il tribunale ha concordato con l’accusa e ha pronunciato sentenza di assoluzione.
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