di Stefania Scarfò
Quattro ore e mezzo di arringa difensiva per l’avvocata di Isabella Internò, Rossana Cribari che invita la Corte a non commettere l’errore commesso con Enzo Tortora «processo in cui – afferma – l’Italia intera ha perso la faccia e rischia di perderla ancora se condannerete Isabella, commetterete un errore».
Internò, unica imputata in concorso con ignoti per la morte di Denis Bergamini, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989, per cui la Procura di Castrovillari ha chiesto una condanna a 23 anni di reclusione indicandola come la mandante dell’omicidio del calciatore, è oggi tornata in aula. Assieme a lei, dopo aver saltato diverse udienze nel corso degli ultimi mesi del processo che va avanti, Corte d’Assise a Cosenza, da ormai quasi 3 anni, il marito Luciano Conte.
A distanza di quasi 35 anni dalla tragedia e oltre 60 udienze, la tesi sostenuta dalla difesa dell’imputata non è cambiata. Secondo l’avvocato Cribari, infatti, Denis si sarebbe tolto la vita lanciandosi sotto il camion guidato da Raffaele Pisano.
Cribari, a sostegno delle sue argomentazioni, ha sin da principio lamentato l’eccesiva eco mediatica della vicenda, che avrebbe a suo dire, alterato la visione di molti: «Si è voluto a tutti i costi cercare un colpevole – ha affermato – e trovare una verità che non c’è». Innanzitutto presenta i decreti di archiviazione sui precedenti procedimenti sul caso, a partire dalla sentenza emessa dal Pretore di Trebisacce nel 1991 a seguito del processo, per omicidio colposo, a carico di Raffaele Pisano.
Le conclusioni di quel procedimento parlavano di gelosia retrospettiva di Denis nei confronti di Isabella e sostenevano la credibilità della ragazza. Esposte anche le motivazioni dell’archiviazione in Corte d’Appello a Catanzaro del presidente Antonini: “La testimonianza della Internò su questo deliberato suicidio è chiara e ragionevole. Anzi avrebbe tratto vantaggio dal parlare di incidente”.
Nel 2012 Internò e Pisano vengono indagati per omicidio volontario, nel 2015, dopo tre anni di indagini, si arriva a un’archiviazione. La dott.ssa Grimaldi nelle sue conclusioni afferma che “l’esito dell’autopsia effettuata da Avato nel gennaio 1990 è perfettamente sovrapponibile con i riscontri effettuati 23 anni dopo dai Ris”. Avato, e successivamente anche Bolino e Testi (senza poter analizzare il corpo ma solo le foto ed i vetrini dell’autopsia del 1990), indicheranno la possibile causa della morte in un’emorragia e non saranno in grado di fornire indicazioni certe in merito alla vitalità delle lesioni (certezza che poi daranno altri periti e consulenti a seguito della riesumazione del cadavere e di una nuova autopsia avvenuta dopo l’incidente probatorio nel 2017).
«L’unica autopsia della quale dovete tenere conto – afferma Cribari – è quella di Avato, perché è l’unico che ha visto il corpo dell’immediatezza dei fatti. Quello che possiamo affermare con ragionevole certezza, prosegue il legale, è che Pisano passava da lì con il suo camion, che non c’erano altre persone sulla 106 se non Denis e Isabella in quel momento, che lui camminava lungo quella strada particolarmente pericolosa e che lei dopo fu accompagnata da Panunzio al bar di Infantino per fare delle telefonate».
Quindi l’analisi del movente: «Io da calabrese mi sono sentita offesa – afferma l’avvocato – perché ci hanno dipinto come retrogradi. Hanno parlato di delitto d’onore cagionato da una famiglia del Sud». Grimaldi nelle sue afferma: “Questa ipotesi è fondata su stereotipi della mentalità meridionale”.
«Avete trattato questa donna da prostituta – asserisce con tono agitato Cribari – ma ve lo siete chiesto se questa donna ha una famiglia e delle figlie che si vergognavano anche di andare a scuola’». «Sulle valutazioni degli elementi di questo procedimento vanno presi in considerazione solo fatti certi – continua Cribari – escludendo suggestioni, congetture, ipotesi e supposizioni di cui è infarcita questa indagine di polizia giudiziaria».
Quindi l’attenzione della legale si è spostata sulle perizie medico-legali e in particolare sulla famosa questione della vitalità delle lesioni (accertata seconda la Procura attraverso l’uso della glicoforina). Cribari ripercorre l’audizione, nel corso di questo processo, del dott. Avato ribandendo che «tutto ciò che è stato fatto dopo è inutile» e definendo la glicoforina come “la polverina di Harry Potter”. «Non ci sono certezze sull’uso della glicoforina – afferma – sono indagini fatte su una salma di 30 anni che era già stata sottoposta ad esame autoptico tanti anni prima».
Ultima argomentazione dibattuta da Rossana Cribari sono le testimonianze rese nel corso del processo: «Che motivo avrebbe Pisano (che in aula ha fornito almeno 4 versioni differenti) di mentire? Pisano è un teste credibile. Non lo è, invece, Francesco Forte che si fa avanti solo dopo tanti anni e racconta una versione che non convince parlando di una ragazza disperata e due uomini con lei che la portano via. La versione di Forte è smentita da Panunzio, la sua sì che è una versione credibile. Panunzio racconta di questa ragazza sola per strada che lo ferma e che poi lui accompagna, con la Maserati, al bar di Infantino. Dov’è Forte? Gli unici testimoni oculari credibili sono Panunzio e Rocco Napoli che vede Denis, in evidente stato confusionale, camminare lungo la 106 e per poco non le mette sotto, poco prima della tragedia. Alle sue spalle vede un mezzo che poi non lo seguirà più, quel mezzo è guidato da Pisano. Non è credibile, invece, Berardino Rinaldi che prima dice di aver visto Denis sconvolto chiedere aiuto e buttarsi quasi sotto la sua macchina e poi elimina questo ricordo legato al suo stato d’animo. Mi chiedo, ma stava cercando aiuto o pure no?». Minata anche la credibilità di Roberta Alleati la ragazza che, il 25 novembre 1989 (una settimana dopo la morte di Denis invierà una lettera alla famiglia Bergamini dicendo che loro non la conosco ma che lei è la vera ragazza di Denis e che lui le aveva promesso di sposarla. «La teste mente perché – è la tesi della difesa – la famiglia Bergamini la conosceva bene. È il suo amico Luigi Simoni a parlare di una ragazza bionda che frequentava casa Bergamini nell’88 quando Denis era fermo per infortunio». Simoni parla però solo di ragazza bionda, non specificando di chi tratti, cosa che ha fatto invece, nel corso del processo la sorella Donata, identificando la ragazza come Donatella Borea, ex ragazza di Denis prima del suo trasferimento a Cosenza.
Quindi l’elemento che Cribari definisce “La ciliegina sulla torta”, ossia la testimonianza di Tiziana Rota. «È la teste su cui si fonda questo processo e che offre alla Procura un movente. Peccato che sia una testimone che va da una medium! Mi chiedo, come mai all’inizio parli solo dell’incontro avuto con Isabella il 6 novembre 1989 a Rende nel quale l’imputata le direbbe “Zitta zitta che se i miei cugini sanno che mi ha lasciata lo ammazzano” e poi a distanza di tanti anni, quando l’abbiamo sentita a Crema, in udienza protetta, aggiungerà altri dettagli come quello del famoso delitto d’onore? E poi mi chiedo, se Isabella è la mandante, come mai 12 giorni prima della morte di Denis invita la Rota a stare zitta preoccupandosi per Denis e poi il 18 novembre lo uccide o lo fa uccidere? E poi ancora, ma se ha dei dubbi che Isabella possa aver ucciso Denis perché la invita a Salerno poco dopo?».
Accorate le conclusioni dell’avvocato: «Se la volete condannare mi dovete dire quando e come lo hanno ucciso, con chi, perché rimane sul luogo e non se ne va facendosi trovare assieme al cadavere e perché proprio a Roseto Capo Spulico e non in Sila che è più vicina ad esempio? E ancora mi dovete dire, perché ce lo dovete, dove sono e quando arrivano gli altri concorrenti nel delitto? Quando lo mettono sull’asfalto e come è possibile che nessuno li veda ne soprattutto come fanno a fare in tutto in 9 secondi, tempo indicato da Avato per la morte di Denis (Avato parlava, però, di morte in seguito a schiacciamento, ndr.). Non avete prove e per condannare in un processo indiziario gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti. Rimetto Isabella Internò nelle vostre mani ricordando una citazione di Raffaele Della Valle, che aveva difeso Enzo Tortora “Se le vostre coscienze diranno di arrivare a condannare l’impuntata, sappiate che noi avvocati non abbiamo colpe perché sappiamo che è innocente e che quella che andate a commettere sarà un’ingiustizia. Non saremo noi a dover avere paura ma voi per il peso delle vostre coscienze”. Siate guidati dalla luce di Dio – conclude Cribari – una condanna è un fardello che non potrete portare. Ritengo che in questo processo non ci sia nulla che vi possa permettere di rovinare la vita di Isabella Internò».
Si torna in aula lunedì settembre per l’arringa difensiva dell’avvocato Angelo Pugliese ed eventuale controreplica della Procura. Per martedì 1° ottobre è attesa la sentenza.
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