A due anni esatti dalla rapina da 300mila euro, giovedì (12 settembre) mattina, i quattro componenti della banda che mise a segno il colpo alla Banca Centro Emilia di via Porta Romana, a San Giorgio, saranno processati – con rito abbreviato – davanti al gup Danilo Russo del tribunale di Ferrara.
I quattro – tutti ‘trasfertisti’ palermitani – sono stati individuati e arrestati nei mesi scorsi, dopo lunghe indagini coordinate dalla Procura di Ferrara.
I primi a finire in manette erano stati tre uomini di 50, 52 e 55 anni. Si trovavano già in carcere per altri reati, quando – lo scorso 27 settembre – i carabinieri di Ferrara, insieme ai colleghi di Bologna, Palermo e Trapani, erano riusciti a risalire a loro come responsabili dell’avvenuta rapina.
Lo scorso aprile, invece, era toccato all’ultimo membro, un 41enne sempre palermitano, che era rimasto a piede libero. A fermarlo erano stati gli uomini della Squadra Mobile di Milano, che lo avevano sorpreso in flagranza mentre stava tentando di mettere a segno una rapina alla Banca del Credito Cooperativo di Melzo, nell’hinterland est di Milano, insieme ad altre cinque persone.
Ai quattro, per i fatti del 12 settembre 2022, avvenuti a Ferrara, la Procura contesta la rapina aggravata e il sequestro di persona dal momento che, dopo aver legato mani e piedi a sei persone, poi rinchiuse in uno sgabuzzino della filiale, erano riusciti a fuggire con 250mila euro di gioielli preziosi e 60mila euro in contanti.
Il colpo alla banca di via Porta Romana era stato progettato nei minimi dettagli da veri e propri ‘professionisti’ del settore. Erano circa le 7.45 quando la direttrice della filiale, sollevando la saracinesca ed entrando per prima nella banca, aveva sentito suonare l’allarme. Pensò ad un falso contatto, ma non fu così. Nel momento esatto in cui entrò nell’edificio, infatti, i rapinatori abbatterono le inferriate poste a protezione della finestra del bagno collocata in un cortile interno posto sul retro della banca, tagliate la sera prima con l’aiuto dell’oscurità della notte.
La donna venne rapidamente aggredita da tre uomini travisati e armati, che la immobilizzarono. Stessa sorte subirono nei minuti seguenti due dipendenti e tre clienti (tra cui una donna incinta) che, ignari di quanto stava accadendo in quei minuti, entrarono in banca, dove vennero privati del telefonino, legati a mani e piedi con fascette da elettricista e chiusi, insieme alla direttrice, in una stanza, per tutta la durata della rapina. Poi, una volta concluse le ‘operazioni’, i quattro fuggirono immediatamente.
L’allarme scattò alle 10 circa, quando un altro cliente, accedendo in banca e trovandola aperta ma completamente vuota, chiamò i carabinieri che, intervenuti sul posto, provvidero a liberare gli ostaggi, tutti incolumi, ma estremamente provati psicologicamente.
Le indagini, avviate nelle immediatezze dai militari, evidenziarono sin da subito come il colpo fosse stato studiato approfonditamente fin nei minimi dettagli, portando pertanto gli investigatori a ritenerlo opera di professionisti del settore. Le attività investigative vennero tuttavia condotte ininterrottamente senza tralasciare alcun particolare, analizzando migliaia di ore di riprese video e passando al setaccio ogni indizio.
È in quel frangente che i militari, analizzando le riprese delle telecamere interne alla banca relative ad alcuni giorni prima della rapina, si accorsero della presenza di un apparente cliente protagonista di un comportamento tuttavia anomalo poiché si aggirava nei locali della filiale con un cellulare impugnato in modo molto singolare: in verticale di fronte al proprio petto e appoggiato ad un giornale, posizione congeniale per poter riprendere gli ambienti interni. L’uomo venne inquadrato, da un’altra telecamera, all’esterno della banca, il giorno della rapina, nel ruolo di palo.
Fu partendo da questo elemento che i carabinieri quindi avviarono una prolungata e ininterrotta attività investigativa, attraverso metodi investigativi classici (servizi di osservazione, controllo e pedinamento degli indagati nonché accolto di migliaia di ore di intercettazioni tra presenti e telefoniche) e l’utilizzo di moderne tecnologie, che consentirono di raccogliere indizi di reato univoci e concordanti nei confronti dei quattro soggetti (tre dei quali con precedenti specifici) ritenuti responsabili di rapina aggravata e sequestro di persona.
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