C’è l’inattendibilità delle parole di Pietro Scavuzzo, il ‘grande accusatore‘ di tutta la vicenda, tra i principali motivi che hanno spinto il gup Carlo Negri del tribunale di Ferrara a pronunciare sentenza di assoluzione nei confronti dei cinque imputati nel processo per le presunte tangenti tra i padiglioni di Ferrara Fiere, accusati a vario titolo di induzione indebita e peculato.
Era stato lui infatti, ex pentito di mafia e ‘re degli allestimenti‘, a far partire con un esposto le indagini di carabinieri, guardia di finanza e Procura, in cui denunciava di aver dovuto pagare mazzette pari al 20% degli incassi per l’esclusiva negli allestimenti in Fiera, ma era finito per essere – a sua volta – accusato.
A processo erano finiti gli ex presidenti Filippo Parisini, per cui era stato dichiarato il non luogo a procedere, e Nicola Zanardi, insieme all’imprenditore titolare di Webland2000 Angelo Rollo, all’ex direttrice Giorgina Arlotti e a Scavuzzo stesso, che ora – nelle 88 pagine di motivazioni – è “ritenuto non attendibile” dal giudice, che gli attribuisce l’aver “agito per animosità e spirito di rivalsa nei confronti di coloro che accusa“.
Nello specifico, a tal proposito, il gup evidenzia “un contegno ambiguo” in capo a Scavuzzo, che “deposita un corposo esposto e poi si sottrae all’interrogatorio, non fornisce nessuna motivazione in ordine alla manifesta volontà di denunciare” fino a fornire “una rappresentazione del proprio ruolo all’interno della Fiera a dir poco, camaleontico: vittima concussa, concorrente in reati, amico premuroso, confidente, allestitore onnipresente, confidente di malefatte, onesto lavoratore”.
Ma non solo, tra le motivazioni che l’hanno spinto a prendere la sua decisione, il giudice sottolinea come Scavuzzo arrivi a esporre “rappresentazioni parziali e sovente illogiche e inverosimili dei fatti” e fa notare come esprima “un atteggiamento di totale autodifesa dei propri interessi, non accusando se stesso di alcuna condotta penalmente rilevante anche quando ciò appare del tutto distonico sotto il profilo logico, con i fatti che rappresenta nel contesto in cui si collocano”.
Ciò vale per le somme di denaro che sarebbe stato costretto a versare nei confronti di Parisini e Zanardi, dove “emergono inemendabili contraddizioni persino in fase di enunciazione delle accuse“. Quanto al ‘nero’ negli incassi dei bar della Fiera, invece, il tribunale evidenzia come “la pubblica accusa non abbia fornito la prova della avvenuta appropriazione delle somme di denaro contante da parte degli imputati”. In tal senso, “l’unica fonte che contiene una accusa esplicita nei confronti degli imputati di avere “intascato” parte del nero” – scrive il gup – è Scavuzzo. “Ma anche in questa occasione – specifica – egli si dimostra inattendibile. Infatti, indica importi che non solo non trovano alcun riscontro ma che paiono, invece, smentite dagli accertamenti istruttori“.
Infine, anche sull’accusa di peculato del provento dei biglietti di ingresso contestata ad Arlotti, Zanardi e Rollo, gli elementi offerti da Scavuzzo “appaiono, ancora una volta inattendibili” dal momento “che, pur essendo pienamente e costantemente inserito negli affari e nella vita della Fiera, con riguardo alle gestione illecita delle biglietterie d’ingresso, non fornisce alcun elemento chiarificatore se non affermare che li sistema truffaldino si basava sulla vendita di plurimi biglietti riportanti la medesima matrice ma, circa le concrete modalità con cui ciò sarebbe avvenuto, appare decisamente lacunoso e impreciso“.
Minata la credibilità del ‘grande accusatore’, è ipotizzabile che a risentirne sarà ora il filone bis dell’inchiesta sulla Fiera, quella sull’appalto per i lavori post-sisma.
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