Cronaca
2 Febbraio 2024
Il tribunale gli ha inflitto una pena di 2 anni e 6 mesi. In una circostanza, dopo averla chiamata fuori dall'abitazione in cui lavorava come badante, gli ha anche sferrato un pugno in faccia

La perseguita fino a farla licenziare. 57enne condannato per stalking e lesioni

di Davide Soattin | 3 min

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Due anni e mezzo di reclusione. Sono quelli che ieri (1° febbraio) il tribunale di Ferrara ha inflitto a un uomo 57enne di nazionalità italiana, finito a processo con l’accusa di stalking e lesioni nei confronti di una donna di origini ucraine di 50 anni, da lui minacciata e molestata al punto tale da spingerla a vivere in un grave e perdurante stato di ansia e di paura.

I fatti, avvenuti a Ferrara tra la fine del 2019 e la metà del 2020, iniziano quando tra i due, entrambi residenti nello stesso palazzo, nasce una relazione di tipo sentimentale. Ben presto però l’atteggiamento oppressivo messo in atto da lui finisce per far sprofondare lei in uno stato di angoscia e di timore per la sua incolumità, soprattutto per via delle insistenti richieste di rapporti e prestazioni sessuali che l’uomo avanza nei suoi confronti. Anche bussando la porta del suo appartamento durante la notte, arrivando a minacciare di morte lei e i suoi familiari in caso di rifiuto.

L’uomo inizia così una vera e propria persecuzione verso la 50enne, che finisce per ricadere anche sulla sfera lavorativa della donna, assunta come badante da una coppia di anziani che abitano al Barco, da cui lei andò ad abitare nel tentativo di guadagnarsi la libertà. Lì, lui però le faceva appostamenti davanti all’abitazione, la aspettava, la pedinava mentre usciva a buttare la spazzatura, intimava al vicino di casa di non rivolgerle la parola e, in una circostanza, risalente al 1° marzo 2020, dopo averla attesa fuori dalla casa, arrivò anche a sferrarle un pugno in faccia che le provocò un livido sotto l’occhio sinistro, oltre che dolori al naso e alla guancia.

Insomma, mette in atto una serie di atteggiamenti possessivi che finiscono poi, come se non bastasse, a farle perdere il lavoro. Un giorno, infatti, lui si mette a suonare insistentemente il campanello di casa dei coniugi a cui lei faceva da badante e i figli dei due, spazientiti e spaventati da quella presenza, decidono di tutelarsi una volta per tutte, licenziandola.

Per quanto accaduto, lei ha sporto una decina di querele ai carabinieri e, nonostante ciò, per ben due volte il gip aveva respinto la richiesta di misura cautelare per l’uomo da parte del pm. Fino alla condanna di ieri, col giudice Alessandra Martinelli che gli ha inflitto 2 anni e 6 mesi in primo grado: una pena più bassa rispetto ai 3 anni e 3 mesi chiesti dalla sostituta procuratrice Barbara Cavallo al termine della sua requisitoria.

All’uscita dall’aula, il legale difensore dell’uomo, l’avvocato Salvatore De Siena, che per il suo assistito aveva chiesto l’assoluzione, ha promesso battaglia e ricorso in appello. Secondo lui, infatti, quanto raccontato dalla donna durante la sua deposizione in tribunale, avrebbe creato “grande confusione nel processo” soprattutto per i “problemi di credibilità” delle parole pronunciate dalla persona offesa davanti al giudice. “È un verdetto che grida vendetta” ha commentato, definendo la vicenda più che altro come “una storia sentimentale dall’esito tormentato“.

Le motivazioni della sentenza sono attese entro 60 giorni.

 

 

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