Politica
15 Gennaio 2024
La senatrice esprime solidarietà e racconta la sua storia “scritta anche da giornalisti ‘coraggiosi’ che non si sono mai piegati difronte all’arroganza del potere”

Processo Alan Fabbri-Estense.com. Ilaria Cucchi: “Marco Zavagli è reo di compiere il proprio dovere”

di Redazione | 5 min

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di Ilaria Cucchi*

Il prossimo 23 gennaio Marco Zavagli, direttore di Estense.com, sarà a processo. Imputazione coatta per presunta diffamazione aggravata nei confronti del Sindaco di Ferrara, Alan Fabbri.

Per riassumere, Marco Zavagli sarebbe responsabile di aver ‘raccontato’ ai suoi lettori presunte lacune nella gestione della città, a fronte di ingenti spese nel settore della comunicazione istituzionale.

Se io fossi il Primo Cittadino di Ferrara, città che conosco bene dato che è la mia ‘seconda casa’, tutto farei fuorché sporgere querela, con il preciso intento di tappare di fatto la bocca a coloro che ‘si permettono’ di criticare il mio operato. Io risponderei punto per punto, a testa alta, perché lo riterrei un preciso dovere nei confronti dei miei elettori e della mia Città. Il Sindaco Alan Fabbri, a quanto pare, la pensa in maniera diversa.

Di cosa ha paura il Sindaco? Lui che ha così tanto a cuore i suoi cittadini, perché decide che vale la pena privarli del diritto alla libera informazione? Perché Alan Fabbri vuol sottrarsi al confronto?

Semplice, perché Marco Zavagli è reo di compiere il proprio dovere. Fare cronaca. E questo a volte può essere molto pericoloso, soprattutto se la cronaca chiama in campo chi non ha l’umiltà di rispondere in maniera chiara e trasparente. E per questo, a volte, si paga un caro prezzo.

Ma il nostro diritto all’informazione vale di più.

D’altra parte la mia storia lo racconta. Una storia scritta anche da giornalisti ‘coraggiosi’ che non si sono mai piegati difronte all’arroganza del potere.

Era il 22 ottobre 2009 quando, di fronte al cadavere martoriato di mio fratello Stefano, mi tornò alla mente un’altra immagine, altrettanto terribile. Il volto di un ragazzo appena maggiorenne, steso a terra e sotto la sua nuca il sangue frutto del pestaggio che aveva appena subito e che ne aveva provocato la morte. Quel ragazzo era Federico Aldrovandi, ucciso a Ferrara il 25 settembre 2005 da tre uomini ed una donna in divisa.

Fu proprio allora, in quel preciso istante, che ebbe inizio la mia storia.

La vicenda processuale che mi ha assorbita totalmente per ben tredici anni è famosa. Quello che non tutti sanno però è cosa intendo dire quando affermo che tutto iniziò da lì.

Tornata a casa dall’obitorio vi trovai ad attendermi la mia grande famiglia e fu allora che con le mie due cugine ci mettemmo alla ricerca del nome dell’avvocato del ‘processo Aldrovandi’.

Pochi mesi prima, in luglio, c’era stata la sentenza di primo grado. Le condanne. La notizia era finita su tutte le prime pagine: omicidio colposo. È stato allora, in quella che io definisco la prima parte della mia vita, quando ero una persona molto diversa da Ilaria Cucchi che conoscete oggi, che un sentimento al quale non sapevo ancora dare un nome, ha iniziato a prendere forma ed ha risvegliato la mia coscienza. Perché, è bene ricordarlo, nel quieto vivere del cittadino medio queste notizie difficilmente trovano spazio. Portano con se troppa sofferenza e dalla sofferenza, si sa, si tende a prendere le distanze. Per tutelarsi.

La ragione per la quale oggi tutti sapete chi sono è racchiusa nella telefonata che feci la mattina successiva, a quello che poi diventò anche l’avvocato del ‘processo Cucchi’. “Occorre poter dimostrare tutto” mi disse Fabio Anselmo, quella voce al telefono che mi dava le prime indicazioni e che poche ore dopo, ad autopsia in corso, mi fece rilasciare la prima delle mie innumerevoli interviste. Tg3 nazionale.

Tutto il resto è storia. E quella storia è partita proprio da Ferrara, perché io e le mie cugine avevamo seguito le puntate di ‘Un giorno in Pretura’.

Mi piace ricordare, però, che prima, molto prima, delle grandi tesate e di ‘Un giorno in Pretura’ ci sono state persone che ci hanno messo la faccia e che hanno fatto la scelta di compiere il proprio dovere, ossia garantire la libera informazione a noi cittadini. Che non è sempre semplice, ne’ scontato, soprattutto in una piccola realtà di provincia. Oserei definirle ‘coraggiose’. Tra questi un nome tra tutti. Marco Zavagli, allora giovanissimo direttore di Estense.com e cronista per L’Unità. Dunque tutti noi dobbiamo dire grazie a Marco Zavagli anche per gli esiti del ‘processo Cucchi’.”

Ciò che non dobbiamo mai dimenticare è che i giornalisti svolgono un ruolo fondamentale per tutti noi. E ci tengono ‘sul pezzo’ – mi approprio del loro gergo – garantendoci l’enorme opportunità di non assuefarci a tutto ciò che ci viene propinato come verità assoluta. Teniamo sempre ben a mente che anche grazie a loro è emersa la verità sulla morte di Federico Aldrovandi e di Stefano Cucchi, responsabilizzando l’opinione pubblica e le Istituzioni a vigilare e i Magistrati stessi a compiere il loro dovere ‘in nome del popolo italiano”.

Ed oggi che si sta per introdurre l’ennesima ‘legge bavaglio’ tocca a noi far sentire la nostra voce e rivendicare i nostri diritti. Perché ogni volta che si tenta di limitare la libertà di stampa si stanno limitando anche le nostre di libertà.

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” Questo recita l’Articolo 21 della nostra Costituzione. Facciamo tesoro di questo articolo, sentiamolo nostro. Ne va del futuro e dell’essenza stessa della nostra società che ci piace ancora considerare civile e democratica.

Tutta la mia vicinanza e solidarietà a Marco Zavagli e alla libera informazione.

 

* attivista per i diritti civili e umani e senatrice di Sinistra italiana

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