Du iu śpich frares?
9 Gennaio 2024

Omaggio a Nerio Poletti

di Maurizio Musacchi | 4 min

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Carissimi amici del Dialetto Ferrarese. Si è spento serenamente, in questi giorni, Nerio Poletti, classe 1930. (Ho letto la notizia sui social dalla nipote Vanna).

Vecchio amico mio, ma soprattutto del dialetto ferrarese. Lo avevo incrociato diverse volte a Bondeno o nei dintorni, in serate a tema vernacolare. Era di una simpatia unica con i suoi racconti ironici, zirudèle e aneddoti, che proponeva ad un pubblico sempre attento e divertito. Scriveva molto bene anche cose serie. Era ben voluto da tutti. Originario di Bondeno, ma con radici di lavoro e amicizia a Stellata, piccola frazione sul Po, in zona Matildea. Con l’aiuto di Roberto Gamberoni, vorrei regalarvi, in questo mio spazio in Estense.com, due perle delle tante che aveva prodotto. Sono testi che mi ha fornito il suo caro amico e collega scrittore-poeta Dugles Boccafogli. A tal proposito, vi consiglio di vedere in YouTube un bellissimo video con protagonisti: Luciana Guberti, Dugles Boccafogli e Nerio Poletti. Cliccando “Tre voci per il dialetto di Bondeno” potrete appurare la bravura dei tre, ma soprattutto, constaterete la simpatia di Nerio. Guardatelo, veramente ne vale la pena. Ringrazio pure la figlia, Mirta, che ha consentito la pubblicazione delle poesie. Condoglianze vivissime a tutti i suoi parenti e a chi lo amava e lo apprezzava. (Erano tanti ve l’assicuro)!

Eccovi pure i testi scritti e tradotti:

CHE BÈL CL’JÉRA BALÀR…

A sóƞ stà furtunà ad èsar źóvan sùbit dòp la guèra

parché agh’jéra tanta alegrìa, ..i balàva dapatùt!

As bastàva un curtìl, ‘na fiśarmònica e al trasfurmàvan sùbit int’na balèra..

La me prìma balarìna la jéra d’un màgar séch, śnèla, alźiéra:

as truvàvan bén a balàr mi e lié

e, difàti, l’an m’à mai pistà i pié

e mi an l’ò mai źmandgàda

e a savìv al parché…?

Parché la jéra na granàda…!

Dop che a jò imparà che bèl cl’jéra balàr, a la sìra d’istà,

in sl’àra con la lùna tónda, źàla, un po’ infumanàda,

..la paréva ‘na pulénta péna arbaltàda..!

E il luciòl?..agh’in’jéra tanti:..un spetacùl da védar

e an’as pòl brìsa cuntàr

e mi al ricòrd con tanta nostalgìa.

Nu ai ciamàvan batafógh, e intànt ca balàvan is giràva d’intóran

Insistént e curióś.

Mi a pensàva: ”..i vól sintír cus’as diś i ambróś..”.

Che bèl cl’jéra balàr!

Mi am santéva al padróƞ dal mónd.

Lasàras guidàr da la mùśica lénta d’na fiśarmònica

c’la sunàva un tàngo, abrazà a ‘na putléta dla me età;

..bèla, stàgna, tìmida con un profùm che santì ‘na vòlta ta n’al źmentàg mai più,

..un profùm ùnich, delicàt…al profùm dla źuantù..!

CHE BELLO ERA BALLARE…

Sono stato fortunato ad essere giovane dopo la guerra, /perché c’era tanta allegria, ..si ballava ovunque!/Bastava un cortile, una fisarmonica e lo trasformavamo subito in una balera../La mia prima compagna di ballo era di un magro secco, snella, leggera:/ci trovavamo bene a ballare io e lei/e, difatti, non mi ha mai pestato i piedi/ed io non l’ho mai scordata/e sapete il perché..?/Perché era una scopa di saggina..!/Dopo che ho imparato che bello che era ballare, alla sera d’estate,/sull’aia con una luna rotonda, gialla, un po’ annebbiata,/che sembrava una polenta appena rovesciata..!/E le lucciole?.. ce n’erano tante: Uno spettacolo da vedere/e non si può raccontare/e io lo ricordo con tanta nostalgia. /Noi le chiamavamo “batifógh” e mentre ballavamo ci giravano intorno/Insistenti e curiose./Io pensavo: ”.. vogliono sentire cosa si dicono gli innamorati..”./Che bello che era ballare!/Mi sentivo il padrone del mondo./Lasciarsi guidare da una musica lenta di una fisarmonica/che suonava un tango, abbracciato a una ragazza della mia età;/bella, soda, timida con un profumo che sentito una volta non te lo dimentichi più,/..un profumo unico, delicato…, il profumo della gioventù..!

LA TÈRA INDÙ A SÓȠ NAT

A sóƞ fiòl ad ‘sta tèra scura;

sì l’è quést al so culór.

Dùra cmè la vìta ad chi la lavóra.

L’è generóśa, quél sì, ma prìma la preténd

tanta fadìga e tant sudór..!

A sóƞ fiòl dl’aqua ch’la cór in’ti fòs e

dill vérdi cavdàgn ch’a divìd i tràmad.

A sóƞ fiòl ad ch’ill spìg bióndi che la bréza

in cuntinàv la tiéƞ mòs.

A sóƞ fiòl d’un pàdar dal maƞ calóśi e

da la fàza spigazàda, ma se t’al guàrd in ti òć,

t’agh véd l’argój d’avér visù ‘na vìta unèsta e unuràda.

Làsa c’at guàrda tèra, e c’at mìra

prima ca viéna scùr, ch’as fàga sìra.

Sì, at’jé bèla, acsì riguglióśa e pàra.

A t’al dìgh con tut al cuór: “..at vóĵ béɳ..!”.

a sóƞ urgugliós d’èsar nàt a Bundéɳ..!

LA TERRA DOVE NACQUI”

Sono figlio di questa terra scura; /si è questo il suo colore./Dura come la vita di chi la lavora./E’ generosa, quello si, ma prima pretende tanta fatica e tanto sudore!/Sono figlio dell’acqua che corre nei fossi e/ delle verdi capezzagne che dividono gli appezzamenti./Sono figlio di quelle spighe bionde che la brezza /continuamente tiene mosse./Sono figlio d’un padre dalle mani callose e dalla faccia raggrinzita, ma se lo guardi negli occhi, gli vedi l’orgoglio di avere vissuto /una vita onesta ed onorata./Lascia che ti guardi terra, e che ti ammiri prima che venga buio, che giunga la sera./Si, sei bella, così rigogliosa e liscia./Te lo dico con tutto il cuore: “ti voglio bene” …!/Sono orgoglioso d’essere nato a Bondeno…!

POLETTI Nerio – Bondeno (FE), 21.08.1930

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