Attualità
19 Novembre 2023
Donate su volontà dell'artista verranno consegnate nella giornata in cui avrebbe compiuto ottantaquattro anni. Sgarbi sull'artista: "Andava oltre, in perpetua fuga, con la mente libera e con gli occhi aperti sul mondo"

Ricordando Goberti. Tre opere dell’artista alla Fondazione Ato

di Redazione | 3 min

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Domenica 19 novembre sarebbe stato l’ottantaquattresimo compleanno del maestro ferrarese Gianfranco Goberti, scomparso lo scorso 22 gennaio. Proprio in questa data la moglie, Enrica Domenicali, alle ore 11 alla Casa del Sollievo di via Oriana Fallaci, donerà tre quadri che furono scelti dall’autore alla Fondazione Ato Ets, realtà impegnata per assicurare l’assistenza e il sollievo alle persone con malattia in fase avanzata.

A ricordare Goberti anche il sottosegretario alla cultura e presidente di Ferrara Arte Vittorio Sgarbi. “Gianfranco – dice – è stato il solo pittore ferrarese della sua generazione che non si sia compiaciuto della grandezza della sua città e della leggendaria tradizione artistica ferrarese. Se la teneva dentro, ma lui voleva parlare il linguaggio del suo tempo, sentirsi dentro la storia che gli era toccato vivere, senza gloriarsi d’altri”.

“Era riservato e ferrarese d’indole – aggiunge -, ma parlava con gli americani, con gli inglesi, con i francesi contemporanei, visti nell’impresa, senza precedenti, di palazzo dei Diamanti. Era refrattario al rifugio della provincia, dove pure si era formato. E andava oltre, in perpetua fuga, con la mente libera e con gli occhi aperti sul mondo”.

“Perché Goberti – conclude – sentiva il suo tempo come se il suo corpo non avesse radici ma solo pensieri, essendo al centro del mondo, in qualunque punto del mondo. La sua Ferrara non era un luogo fisico, ma uno stato d’ animo, come per de Chirico. E de Chirico e Gnoli sono stati i suoi punti di riferimento”.

“È stato – racconta l’amico e storico dell’arte Lucio Scardino – un enfant prodige: giovanissimo ha esordito alla  quadriennale di Roma. Era il 1965, era stato scelto per esporre tra gli artisti emergenti più talentuosi. Amava raccontarmi di quel viaggio nella capitale, a fianco di un decano della scultura dell’epoca, Giuseppe Virgili. Mi immagino un ideale passaggio di testimone tra nuovi maestri dell’officina ferrarese”.

“È  stato – aggiunge Scardino – il miglior interprete della op-art a Ferrara, senza mai dimenticare la pittura rinascimentale, innestandola in uno spirito moderno. Ha unito epoche e stili, rendendo contemporanei i grandi maestri dell’officina ferrarese”.

“Era uno sperimentatore, si è cimentato anche nella pittura murale. Mi raccontava di quando fu chiamato ad affrescare un’abitazione di Arcumeggia, borgo celebre per i capolavori di grandi maestri del novecento, uno su tutti: Achille Funi. Quando scoprì di essere chiamato a un lavoro non distante da quello di Funi mi disse: ‘Oggi il cerchio si chiude perfettamente’, richiamando il valore di sentirsi a casa”.

“Fu un grande sperimentatore, basti pensare anche al suo mosaico nella cappella del seminario di Ferrara, un’opera ‘laica’ ma che rivela una forte tensione, rispetto e sensibilità per la fede. Gianfranco era un uomo che stava in provincia ma cosmopolita, respirava l’aria del mondo. Ha omaggiato i grandi. Amava, in particolare, Francesco del Cossa, e i suoi omaggi pittorici erano sempre connotati da una nota personale, da un suo personalissimo segno. Era un perfezionista, giocava sul continuo effetto del trompe-l’oeil, proprio dei virtuosi”.

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