Cronaca
30 Marzo 2023
I fatti risalgono al 1° dicembre 2019, quando la Polizia Provinciale trovò il corpo dell'animale senza vita nel Collettore Giralda. La sentenza attesa per il 14 aprile

Sparò al suo cane, la Procura chiede otto mesi per un cacciatore

di Davide Soattin | 2 min

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(archivio)

Otto mesi di reclusione. È quanto ha chiesto il pm Ciro Alberto Savino per il 73enne cacciatore di Bosco Mesola, imputato per aver ucciso con un colpo di fucile il proprio cane, un Breton di 12 anni.

La richiesta dell’accusa è arrivata mercoledì 29 marzo e fa riferimento a fatti che risalgono al 1° dicembre 2019, in seguito al ritrovamento, da parte della Polizia Provinciale, del corpo senza vita dell’animale nelle acque del Collettore Giralda.

Dopo la scoperta, la carcassa dell’animale venne prelevata e poi trasferita all’istituto zooprofilattico dove, grazie alla presenza del microchip, gli operatori riuscirono a risalire al proprietario e aspettarono sessanta giorni per vedere se sarebbe arrivata un’eventuale denuncia di scomparsa.

Denuncia che venne effettuata sì, ma solo dopo che il comandante Castagnoli e suoi agenti si fecero vivi con l’attuale imputato, a gennaio inoltrato. E proprio in quel frangente, il cacciatore ammise di essere stato lui a sparare al cane, ma di averlo fatto per sbaglio, come lui stesso ha ribadito durante l’udienza di ieri, con un colpo di fucile esploso da tre metri di distanza mentre il povero animale era impegnato in una zuffa con una nutria.

A quanto si apprende però, almeno da un esame esterno, il cane non riportava segni di una zuffa e per questo venne disposto un approfondimento scientifico, in modo da appurare anche da quale distanza venne esplosa la fucilata letale che, viste le dimensioni dei fori di entrata e di uscita della pallottola, per gli inquirenti sarebbe potuta essere molto inferiore ai tre metri dichiarati dal cacciatore.

Ma c’è pure altro. Durante l’udienza dello scorso 30 novembre, sentito come testimone, l’allora comandante della Polizia Provinciale, Claudio Castagnoli, aveva riferito che il cane era vecchio e poco incisivo dal punto di vista venatorio, oltre che bisognoso di cure. Il sottinteso, che è poi anche la tesi dell’accusa, è che il cacciatore avesse deciso di disfarsi di un animale considerato non più utile, soprattutto se si va a considerare l’età avanzata e la sua morte avvenuta negli ultimi giorni di apertura della stagione di caccia durante lo scorso autunno.

Al termine della discussione, in cui il legale difensore dell’imputato, l’avvocato Lorenzo Marchesini del foro di Ferrara ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito, il giudice Giulia Caucci ha rinviato la prossima udienza al 14 aprile, quando sarà letta la sentenza del tribunale.

 

 

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