Cronaca
18 Gennaio 2023
Denunciati dalla Polizia Ferroviaria dell'Emilia-Romagna i titolari di una nota impresa della provincia. In quattro anni avrebbero movimentato oltre 4.700 tonnellate di materiale

Traffico illecito di ferro e rame per 2 milioni di euro, maxi sequestro in un’azienda del Ferrarese

di Redazione | 2 min

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(immagine d’archivio)

Al termine di una complessa attività investigativa iniziata nel 2019, la Polizia Ferroviaria dell’Emilia Romagna ha disarticolato un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti pericolosi e non, sottoponendo a sequestro preventivo una nota azienda di commercio di rottami che opera nella provincia di Ferrara.

Le ipotesi di reato, formulate sotto il coordinamento e la direzione della Dda di Bologna, sono quelle di “concorso nel reato continuato del traffico illecito di rifiuti metallici non pericolosi, attività di gestione dei rifiuti, falsità ideologica commessa dal privato, appropriazione indebita e responsabilità amministrativa delle persone giuridiche nei reati ambientali”.

Le indagini hanno avuto inizio a seguito di una verifica di routine effettuata da personale del Posto di Polizia Ferroviaria di Ferrara nell’ambito degli ordinari servizi che vengono disposti periodicamente, presso una società della provincia ferrarese, in cui furono riscontrate alcune anomalie, che avevano richiesto la specifica attività del Nucleo Rame della Squadra Giudiziaria Compartimentale, team composto da personale esperto di normativa ambientale e specializzato nel contrasto nei furti di rame.

Si è così potuto acclarare che la ditta oggetto di accertamenti commercializzava ingenti quantitativi di rifiuti, molti dei quali provenienti da trasporti cosiddetti “fantasma”. In seguito a servizi di appostamento, sopralluoghi e ad altri approfondimenti investigativi, si è accertato che l’azienda gestiva il traffico di rifiuti metallici ferrosi attraverso tre principali figure, tutte inserite all’interno della ditta e imparentate tra di loro. I trasporti venivano effettuati da soggetti privati utilizzando mezzi propri privi di autorizzazione al trasporto, che confluivano nell’azienda che faceva figurare il trasporto come regolare, raggirando, con consolidato “artifizio”, la normativa ambientale.

L’ipotesi investigativa è stata confermata dalle numerose testimonianze rese dalle persone sentite a verbale, che hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza nei confronti dei titolari dell’azienda. Questi ultimi, in concorso tra loro e tramite l’impresa, in un arco temporale compreso tra il 2016 e i primi mesi del 2020, avevano ritirato rifiuti metallici non pericolosi da cittadini privi di qualsiasi autorizzazione in materia ambientale, in alcuni casi addirittura da persone decedute da diversi anni, oppure affette da gravissime patologie psicofisiche invalidanti, per poi reintrodurli in maniera apparentemente lecita nel circuito commerciale, attraverso la rivendita ad altre imprese.

Si è pertanto stimato che, nel periodo di riferimento, la ditta abbia ricevuto e quindi movimentato da parte di privati complessivamente oltre 4.700 tonnellate di materiale, per un importo complessivo di quasi 2 milioni di euro.

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